LA CHIODATURA DEGLI SCAFI
In tempi moderni i collegamenti
tra lamiere e lamiere sono effettuati mediante saldatura che rispetto alla
chiodatura evita sovrapposizioni e l'uso di pezze e contro-pezze, inoltre fa
risparmiare fino al 20% di peso. La chiodatura tuttavia presenta anche qualche
vantaggio. Fino a circa 20 anni fa i vari registri continuavano a consigliarla
in alcuni tipi di collegamento, come quello tra il ponte di resistenza ed i
fianchi (cinta - trincarino) e quello tra l'orlo inferiore dei ginocchi ed il
fondo. In sostanza si voleva ottenere una maggiore elasticità (la chiodatura
consente, infatti,un certo respiro alla struttura).Abbiamo detto che la nave è
assimilabile ad una trave, quindi si avrà un andamento bitriangolare delle
sollecitazioni. Usando la chiodatura la tensione nei punti di massima
sollecitazione diminuisce: si ha così la trasmigrazione delle tensioni dalle
parti estreme, dove l'elasticità risulta aumentata,cioè il modulo di elasticità
è più basso, verso l'asse neutro, ottenendo con ciò un maggior equilibrio. A
tal proposito si ipotizzava anche l'impiego in talune zone di acciai a modulo
di resistenza molto basso.Il difetto maggiore della chiodatura, al di là del
peso, rimane comunque quello della difficoltà di ottenere una struttura stagna:
le infiltrazioni risultano,infatti, talvolta ineliminabili (nonostante il
calafataggio, ottenuto ribadendo e deformando le estremità sovrapposte delle
lamiere), e richiedono il loro continuo esaurimento. E' inopportuno saldare su
una chiodatura (che potrebbe essere danneggiata dal tormento termico): data
l'attuale scarsità di chiodatori, nei lavori su vecchie navi, la chiodatura
viene talvolta sostituita da una imbullonatura.Il chiodo è costituito da
un'asta d'acciaio con una testa ad un'estremità, la lunghezza della parte
sporgente è pari a 1,5 volte il diametro. La testa, ottenuta per schiacciamento
della suddetta parte sporgente (cioè ribadita) dev'essere rivolta verso il
mare. Esistono anche altri tipi di chiodi (di forma diversa), ma risultano
scarsamente utilizzati. La foratura (preliminare) viene realizzata utilizzando
apposite macchine dotate di punzoni; l'operazione richiede anche una segnatura
preliminare delle lamiere. Il foro, anche a causa del trascinamento di trucioli
da parte del punzone, risulta sempre di forma troncoconica, perciò le lamiere
dovranno essere sistemate in modo da essere tenute anche in caso di
"salto" della testa del chiodo. Il chiodo viene immesso nel foro a
circa 1200° C (color bianco), mentre la ribaditura viene fatta a 600-650 °C
(color rosso - ciliegia scuro): il rispetto di questi valori deve essere
rigoroso, in modo che il chiodo possa contrarsi nel modo desiderato
(realizzando così la miglior tenuta possibile). E' necessaria anche una
imbastitura preliminare, cioè un controllo(fatto mediante bulloni) che tutti i
fori siano passanti. Un problema
importante è quello del funzionamento del chiodo. Un chiodo non lavora come si
potrebbe pensare a taglio (fatto che porterebbe ad una rapida rottura e che pertanto
si deve evitare), bensì a trazione. Essendo il chiodo in trazione, comprime le
lamiere che si uniscono. L'elasticità
della chiodatura deriva dalla compenetrazione delle asperità delle lamiere: si
ha così uno scorrimento graduale che va ad incrementare l'elasticità propria
delle lamiere stesse; a parità di deformazione si avrà così una tensione minore
(ed il materiale risulta meno tormentato che non nella saldatura). Il chiodo,
immesso nel foro a 1200 °C e ribadito a 600 °C, successivamente si contrae:
stringendosi comprime le due lamiere. Avremo così una zona di compressione
attorno al chiodo. In seguito alla compressione fra le superfici delle due
lamiere si origina un attrito che si oppone allo scorrimento delle stesse.
L'effettivo andamento della pressione è di difficile valutazione, si fa quindi
riferimento alla pressione media
Quando la chiodatura è ben fatta
il taglio fittizio vale circa 1000-1200 kg/cm2. L'operazione di calafataggio
deve essere fatta in una zona in cui la compressione fra le due lamiere è
ancora abbastanza consistente: essa consiste in una ribattitura del bordo delle
lamiere con uno scalpello, in modo da conferire la tenuta desiderata. Se il
collegamento necessita di più di una fila di chiodi, anche se i chiodi sono
sfalsati; i fori indeboliscono la struttura: ci chiediamo allora dove avverrà
la rottura se sottoponiamo a trazione le due lamiere. La rottura avverrà sulla
fila esterna di chiodi in quanto all'interno la lamiera è "protetta"
dalla fila esterna stessa che scarica parte dello sforzo totale di trazione
sull'altra lamiera. Si può allora dire che questa soluzione, presentando un
punto in cui la rottura è assai probabile, non è ben equilibrata. Per
armonizzare la costruzione si mettono allora meno chiodi sulle file esterne
(che non vogliamo indebolire troppo) e più all'interno in modo da ottenere un
giunto ad uniforme resistenza. E'
comunque inutile fare tante file di chiodi in quanto, quando ha inizio la
deformazione delle lamiere, questa va ad interessare le file più esterne
(quelle interne risultano scaricate grazie alla resistenza delle prime file).
In generale è opportuno evitare che, in caso di cedimenti, si rompa la lamiera
prima del chiodo o viceversa (si vuole cioè che chiodi e lamiere lavorino nelle
stesse condizioni, senza che uno dei due elementi ceda in maniera
preferenziale).
LA SALDATURA
Inizialmente si usavano metodi
alla fiamma (autogeni con cannello). Lo strumento che ha rivoluzionato il modo
di saldare gli scafi è però quello della saldatura elettrica basata sulla proprietà
dell'arco voltaico di arrivare fino a 3000 °C. Il principale vantaggio è che il
tormento termico subito dal materiale è limitato ad una zona ristretta, in ogni
caso non è del tutto eliminabile, perciò il raffreddamento non dovrà essere
troppo brusco, onde evitare tempere (a tale scopo si utilizzano delle bacchette
rivestite per proteggere il raffreddamento del cordone di saldatura). Questa
procedura è molto rapida e può essere eseguita anche a macchina (in modo
automatico). Nella saldatura in manuale l'elettrodo è costituito da una
bacchetta di 40-50 mm di un materiale simile a quello delle lamiere da saldare,
con in più alcuni elementi che lo rendono meno sensibile al tormento termico.
Le bacchette nude lasciano il materiale di saldatura scoperto, il che rende il
bombardamento ionico (cioè il passaggio di materiale) meno attivo e
l'ossidazione alle alte temperature maggiore: per questo motivo si usano
bacchette rivestite di speciali paste protettive a base di cellulosa (C6H10O5)
e di sali di sodio-potassio. Il rivestimento fonde assieme all'elettrodo: la
cellulosa a 3000 °C sviluppa idrogeno atomico che capta l'ossigeno dell'aria
evitando così l'ossidazione (e formando acqua che si raccoglie nella scoria);
sodio e potassio rendono invece più attiva la trasmissione di materiale. In
alcuni casi nel rivestimento possono esserci anche componenti che entrano in
lega. Nel fare più passate è necessario togliere via via la scoria. Nel
processo automatico l'elettrodo ha la forma di una bobina: si parla anche di
arco sommerso nel quale il rivestimento è costituito da un fondente granulare
(Flux) che affluisce mediante un tubo; l'arco è detto sommerso in quanto si
produce coperto dal fondente (quindi anche il cordone resta coperto dal
fondente solidificato). L'arco può essere ottenuto sia in c.c. che in c.a.
Generalmente la saldatura in c.c. da un cordone più regolare: peraltro nella
saldatura in tandem in automatico può verificarsi un'influenza reciproca
(soffio) fra i due archi, con conseguenti distorsioni degli stessi. In manuale
si usano convertitori rotanti ad eccitazione mista differenziale (dinamo
autoregolatrici), che diminuiscono la tensione ai morsetti all'aumentare della
corrente, in quanto l'operatore in genere non riesce a tenere ben fermo
l'elettrodo. Si arriva fino a 150-600 A mentre in automatico si arriva a 4000
A. Il cordone è costituito da materiale fuso che si adagia fra i due lembi da
saldare. La saldatura presenta
sempre un sovrametallo che ha
anche la funzione di compensare qualche eventuale difetto (ed il tormento
termico) con una maggiore sezione resistente; esso non dovrebbe però essere
eccessivo, altrimenti le linee di forza al suo interno verrebbero deviate, e si
avrebbero quindi punti di concentrazione delle tensioni. La posizione ottimale
dell'elettrodo (in manuale) è a 45°. A seconda della posizione dei pezzi da
saldare (sempre in manuale) si avranno più tipi di saldature: • Orizzontale •
verticale • sopra testa la prima è più agevole. Qualche problema si ha già per
la seconda, che deve essere realizzata dal basso verso l'alto (onde evitare
colature). L'ultima, la più difficile, richiede abilità ed elettrodi
particolari; in genere si cerca di minimizzarne l'impiego, anche perché spesso
i risultati non sono buoni. Nella preparazione
delle lamiere, le lamiere sottili (fino a 5 mm) non richiedono particolari
preparazioni. Quando si usano le lamiere più grosse è necessario prepararle,
direttamente con il cannello da taglio o con una preparazione alla macchina. Si
può ad esempio avere una preparazione a V semplice; con questo sistema le linee
di forza non subiscono eccessive distorsioni. I lembi inferiori non devono
essere troppo distanti, altrimenti si deve usare una contropressa (fatto
possibilmente da evitare in quanto genera un cordone troppo grosso). Un
inconveniente (nel caso di grossi spessori) è quello che, nella parte alta
della V, le lamiere, a causa dell'eccessiva distanza tra i margini superiori
dei due lembi, possono tendere a piegarsi; inoltre si è costretti a fare più
passate, il che causa un cordone troppo largo, si ricorre allora alla
preparazione ad X che è più equilibrata ed adatta ai grossi spessori. Si
potrebbe però essere costretti a saldare sopratesta la parte inferiore: in tal
caso si addotta la preparazione ad X dissimmetrico, in modo da minimizzare
(possibilmente ad un'unica passata) il numero di saldature sopratesta. In caso
di spessori molto elevati (fino a 40 mm) è necessaria una particolare (e
costosa) preparazione detta a coppa di champagne, eseguita con una piallatrice
od una sgorbiatrice. Un problema frequente è quello di unire lamiere di
spessore diverso. In questi casi è necessario prevedere un raccordo (è sempre
bene evitare brusche discontinuità). Un altro collegamento frequente è quello a
T: anche in questo caso si dovrà effettuare un'apposita preparazione. Analoghe
considerazioni valgono per i giunti a croce.
In generale il disassamento (eventuale) accettabile non deve superare la
metà dello spessore (se uguale per tutte le lamiere) allo scopo di addolcire la
deviazione delle linee di forza. La saldatura ad angolo non necessita di
preparazione. Quando non c'è esigenza di
stagno si possono eseguire saldature a tratti alterni o contrapposti. E' bene
evitare incroci di saldatura, in quanto la prima potrebbe risultare danneggiata
a causa del tormento termico: nel caso è opportuno, dopo la seconda passata,
ricuocere il materiale.Per saldare più lamiere occorre eseguire una ben precisa
procedura, in modo che le nuove saldature non danneggino quelle già
eseguite.
SISTEMI DI SALDATURA
Esistono diversi sistemi di
saldatura automatica: in comune hanno la presenza di un supporto (detto Weld
Backing), su cui si stende il cordone, che può essere fatto in vari modi, o in
materiali che disperdono il calore (rame) o in materiali refrattari. Il
supporto viene tenuto pressato sul giunto pneumaticamente (mediante manichette
ad aria) o magneticamente. Le diverse tecniche hanno delle sigle che stanno ad
indicare le modalità con cui vengono eseguite: Procedimento FCB (Flux Copper
Backing - con supporto di rame), usato a Monfalcone. E' una saldatura di testa,
nella parte bassa c'è una manichetta che, gonfiandosi, spinge contro il giunto
una lama di rame, sulla quale si spande il fluente granulare Procedimento BB (Brick Backing): è un sistema
manuale (senza flux) in cui si usa un supporto in refrattario sostenuto da
magneti (è molto usato a bordo). La saldatura elettrica presenta grandi
vantaggi in termini di economia di peso (fino al 20% del peso scafo).
Fonte: dispensa pubblicata
dal web di pubblico dominio.
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