mercoledì 23 dicembre 2020

LA PROPULSIONE NAVALE CON L'EFFETTO MAGNUS

 

Oggi,a fronte dei sempre più cari combustibili fossili,si ripercorrono strade alternative,la Enercon leader nel settore della produzione di turbine,nel 2008 ha varato la“E-Ship”che sfrutta l’effetto Magnus.La nave dispone di controlli automatici che la direzionano nella maniera ottimale rispetto alla provenienza del vento e ovviamente rispetto alla destinazione. Lo scafo della nave, studiato con la collaborazione delle facoltà di ingegneria navale di Amburgo e Kiel, contribuisce alla riduzione dei consumi, che possono attestarsi sino al 40% rispetto a quelli di una nave con propulsione tradizionale. In presenza di un vento forza 7 è possibile spegnere i motori diesel-elettrici che imprimono la rotazione ai cilindri e sfruttare la spinta “naturale” dei rotori, che permettono di raggiungere una velocità non distante da quella massima. Il principio è sempre lo stesso: l’aria che turbina intorno ad un oggetto in rotazione che presenta al flusso la propria sezione circolare lo spinge da un lato, quello dove registra la minore resistenza a causa della rotazione. Le colonne cilindriche fungono quindi da vele, e in aggiunta usano il vento in maniera molto più efficiente, permettendo la navigazione con un angolo di incidenza rispetto al vento sino a 20 gradi(stringono il vento), contro i 45 gradi minimi di un’imbarcazione a vela. Una notevole, seppur non commerciale, applicazione dell’effetto Magnus è stata quella della nave “Alcyone”, realizzata dall’oceanografo francese Jacques Cousteau nel 1985. La Cousteau Society è attualmente alla ricerca di fondi per la costruzione della “Calypso II”, nave oceanografica e scientifica che nelle intenzioni dovrebbe essere dotata di un’enorme turbosail  in grado di sospingerla per gli oceani. Negli anni ’20 del xx secolo un ingegnere tedesco, Anton Flettner, originario dell’ Assia , modificò la “Buckau”, una grossa barca a vela, sostituendo i suoi tre alberi con due cilindri rotanti alti circa 16 metri: si tratta della prima applicazione conosciuta dell’effetto Magnus ai fini della navigazione marittima. La nave, che disponeva anche di un motore Diesel per la propulsione in assenza assoluta di vento, era addirittura in grado di muoversi contro vento, proprio per la capacità dei cilindri di sfruttare l’effetto Magnus. Nel 1926 la nave compì un viaggio nell’Atlantico, dimostrando l’efficacia di questa soluzione; tuttavia, il progetto non fu ritenuto molto efficiente, almeno rispetto alla propulsione convenzionale, e venne abbandonato per un lungo periodo, tuttavia l’idea rimase latente fino agli anni ’80, quando fu pensata come un ausilio al propulsore principale per ridurre i costi del carburante via via crescente.

L'EFFETTO MAGNUS, è la forza deviante che si viene a generare su una sfera o un cilindro in movimento che oltre a traslare ruotino. In termini "scientifici" la forza perpendicolare alla traiettoria che si genere su uno solido assoggettato ad una corrente roto-traslatoria. In termini più terra terra è la giustificazione dei "tiri ad effetto" che si possono attuare in sport come il calcio, la pallavolo o il tennis. Da una parte la corrente verrà "aiutata" dal movimento di rotazione, mentre dall'altro la rotazione la contrasta. Questo comporta una maggiore velocità della corrente sul lato dove la rotazione le è favorevole, esattamente come per un profilo alare. Il risultato è una "portanza", cioè una forza che devia la sfera dalla sua traiettoria. L'applicazione più nota di questo effetto si ha nei giochi con la palla, dove colpendo la palla "di taglio" (ovvero non nel "centro"), si provoca una rotazione che fa assumere al pallone una traiettoria deviata rispetto a quella naturale (il tiro ad effetto).   

Se il moto è puramente di traslazione rettilinea le linee di corrente saranno ugualmente spaziate tra loro intorno al corpo(fig.1)Se il corpo ha un moto di traslazione rettilinea è come se venisse investito da una corrente di fluido che si muove in direzione opposta a quella del corpo (nel nostro caso quindi verso destra). Nel momento in cui il corpo è dotato di moto sia rotatorio che traslatorio(fig.2), la velocità del fluido aumenta superiormente o inferiormente al corpo a seconda del verso di rotazione del corpo, proprio per il trascinamento del fluido attorno al corpo stesso (le velocità degli strati di fluido in rotazione amplificano il moto della corrente dovuto alla traslazione in verso concorde a quest'ultima e diminuiscono la velocità nella zona in cui i versi sono invece discordi. La forza prodotta è una portanza, del tutto simile a quella generata dall'ala di un aereo, causata dalla differenza di pressione del fluido sulla superficie dell'oggetto. Nell'esempio in fig. 2, la maggiore velocità del fluido nella zona superiore dell'oggetto provoca un abbassamento della pressione, con conseguente spinta verso l'alto a causa della pressione più elevata esercitata sulla zona sottostante l'oggetto (dove la velocità del fluido è minore).

Notice fonte web di pubblico dominio

              







  



 

martedì 8 dicembre 2020

 

LA CLASSE FOSCOLO



                       

La classe Foscolo fu una serie di undici navi  (Foscolo-D’Annunzio-Monti-Oriani poi Cagliari-Manzoni-Tommasei-Alfieri-Pascoli-Leopardi-Giosuè Borsi-Vittorio Locchi) da carico costruite per la Tirrenia di Navigazione tra il 1939 ed il 1947. Destinate alle rotte merci per il Nord Europa, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale ne mutò irrimediabilmente il destino: sette unità furono affondate durante la guerra, due divennero prede belliche per Francia e Jugoslavia e solo due furono impiegate, nel dopoguerra, per lo scopo per il quale erano state costruite.

                                CLASSE FOSCOLO DESCRIZIONE GENERALE


                                                          
            




 

Foscolo

La prima nave della serie ad essere impostata fu la Foscolo, la cui costruzione fu iniziata sugli scali dei cantieri navali del Quarnaro il 10 agosto 1939. Fu varata il 19 novembre 1941 con madrina la vedova di Bruno CaleariMedaglia d'oro al valor militare. Consegnata alla Tirrenia il 14 luglio 1942, fu requisita dal Ministero della Marina e impiegata nei collegamenti con Tripoli e Bengasi. Il 21 novembre 1942 fu danneggiata una prima volta, con due dispersi. Alle 21:58 del 13 dicembre fu attaccata da uno squadrone di aerosiluranti Fairey Albacore della Fleet Air Arm, mentre si trovava al largo di Marsala in navigazione tra Napoli e Tripoli con a bordo un carico di carburanti. La Foscolo affondò in pochi minuti, causando la morte di 13 marittimi.

D'Annunzio

La D'Annunzio fu impostata, sempre ai cantieri navali del Quarnaro, il 31 luglio del 1940 e fu varata il 18 dicembre 1941. Consegnata alla Tirrenia il 25 settembre 1942, fu anch'essa requisita e destinata ai collegamenti con il Nord Africa. Il 21 novembre dello stesso anno fu danneggiata durante un bombardamento a Tripoli; le stive di prua si allagarono e la nave si adagiò sul fondale. La D'Annunzio fu rimessa in galleggiamento e riparata, facendo ritorno in Italia il 3 dicembre e riprendendo il servizio. Nella notte tra 15 e 16 gennaio 1943, in navigazione da Tripoli alla Sicilia scortata dalla torpediniera Perseo, la nave fu attaccata e affondata da un gruppo di unità militari britanniche, tra le quali la HMS Javelin e la HMS Paladin.

Monti

La Monti fu la prima delle unità costruite presso il cantiere navale del Muggiano, dove fu impostata il 21 febbraio 1940 e varata il 21 dicembre 1941. Fu consegnata alla Tirrenia il 14 agosto 1942 e immediatamente requisita dalla Regia Marina. Il 2 settembre, mentre era in navigazione tra Messina e Crotone, fu attaccata da degli aerosiluranti, subendo gravi danni ma non affondando; fu quindi presa a rimorchio e rimandata al cantiere del Muggiano, dove fu riparata e rimessa in servizio. Il 22 marzo 1943, mentre era in navigazione tra Napoli e Biserta, subì un altro attacco aereo e affondò, causando la morte di 22 membri dell'equipaggio.

Oriani (poi Cagliari)

La Oriani fu una delle poche unità della classe a sopravvivere alla guerra. Impostata il 21 febbraio 1940 e varata il 4 giugno 1942, fu consegnata alla Tirrenia il 1 dicembre e, come le altre unità della classe, requisita dalla Regia Marina. Durante la guerra fu silurata in due occasioni, il 1 marzo 1943 e il 21 luglio dello stesso anno. Portata al cantiere navale di La Spezia per le riparazioni, dopo l'8 settembre fu sequestrata dai tedeschi; non ancora in grado di navigare, fu affondata il 21 gennaio 1944 per ostruire il porto. Considerata un relitto alla fine delle ostilità, fu riacquistata dalla Tirrenia, che ne commissionò il recupero. L'operazione fu completata il 20 giugno 1946 e la nave fu inviata ai cantieri navali di La Spezia, dove le riparazioni furono concluse nell'ottobre 1947. Rinominata Cagliari, la nave fu noleggiata al Lloyd Triestino, che la destinò ad espletare le linee per le Indie: la nave partì il 19 novembre per il primo viaggio, facendo scalo a Napoli, AlessandriaMassauaAden e Bombay.

Nel maggio dell'anno seguente la Cagliari fu inviata ai cantieri della Navalmeccanica, Bacini e Scali Napoletani per convertirla in nave mista merci-passeggeri: furono aggiunte sistemazioni per 227 passeggeri, in parte ricavate nelle stive. La nave fu riconsegnata alla Tirrenia il 27 agosto 1948, venendo destinata prima alla linea Civitavecchia - Olbia e poi alla Napoli - Palermo, in coppia con la gemella Giosuè Borsi. Nel 1953, con l'entrata in servizio delle unità della classe Regione, la Cagliari fu inviata ai Bacini e Scali Napoletani, per essere riconvertita in nave merci. I lavori durarono dal 28 maggio al 26 luglio 1953; in seguito la nave fu riconsegnata alla Tirrenia e destinata alle linee per il Nord Europa, come originariamente previsto 15 anni prima. In particolare, fu impiegata sulla Linea 36, che prevedeva scali a Venezia, Bari, Catania, Messina, Palermo, Napoli, Londra, Amburgo, Rotterdam, Anversa e, al ritorno, Savona (o Genova), Napoli, Messina, Catania, Bari e Trieste. Nel maggio 1975 la nave fu noleggiata alla Adriatica di Navigazione, con la quale la Tirrenia aveva concluso un accordo di cessione delle linee verso il Nord Europa, che furono integrate con i servizi per il Medio Oriente. La Cagliari rimase in servizio per Adriatica insieme alla gemella Giosuè Borsi e alla Vallisarco fino al 23 agosto 1976, quando fu sostituita da traghetti ro-ro merci e posta in disarmo a Napoli. Acquistata da armatori ciprioti nel febbraio 1977, fu rinominata Lucky e rimase in servizio fino al 1979, quando fu venduta per la demolizione, effettuata a Vado Ligure ad agosto.

 

Manzoni

La Manzoni fu impostata ai cantieri navali del Quarnaro il 10 agosto 1939 e varata il 18 giugno del 1942. Dopo le prove in mare fu consegnata alla Tirrenia il 15 dicembre 1942, venendo requisita dal Ministero della Marina. Il 22 marzo 1943, mentre era in navigazione tra Biserta e Napoli, fu attaccata e affondata da dei bombardieri Vickers Wellington del 221º Squadrone della RAF.

 

Tommaseo

La Tommaseo fu impostata presso i cantieri navali del Quarnaro il 3 giugno 1940 e varata il 24 ottobre 1942. Fu consegnata alla Tirrenia il 15 febbraio 1943 e immediatamente requisita. Sopravvissuta senza danni a un bombardamento subito a Tunisi nell'aprile 1943, un mese dopo fu danneggiata durante un bombardamento del porto di Catania. Il 16 maggio la nave partì per Napoli, dove si intendeva ripararla, ma poco dopo la partenza fu colpita da un siluro, che causò l'allagamento di diversi compartimenti, compreso il locale apparato motore. La nave fu rimorchiata a Catania, dove, viste le condizioni gravemente compromesse e l'esposizione ai bombardamenti, fu via via abbandonata dall'equipaggio. La Tommaseo fu autoaffondata nel porto di Catania il 26 luglio 1943.

Alfieri

La Alfieri fu varata presso i cantieri del Quarnaro il 20 febbraio 1943. Consegnata alla Tirrenia il 28 maggio 1943, fu inizialmente impiegata per collegamenti tra porti nell'Adriatico. Il 22 luglio, mentre si trovava a Milazzo proveniente da Napoli, subì un primo attacco aereo, dalla quale uscì senza danni. Per evitare ulteriori attacchi alla città la nave fu trasferita a Messina, da dove partì, con un convoglio diretto a Napoli, il 29 luglio. Mentre era in navigazione, il convoglio subì un attacco aereo, durante il quale la Alfieri fu danneggiata gravemente, ma non affondò. Il giorno seguente la nave fu presa a rimorchio da due rimorchiatori provenienti da Napoli, ma fu nuovamente attaccata e affondata.

Pascoli

La Pascoli fu costruita al cantiere navale del Muggiano, dove fu impostata il 25 ottobre 1941 e varata il 22 agosto 1943. Il 5 aprile 1944, ancora incompleta, fu presa d'autorità dai tedeschi, che la assegnarono alla Mittelmeer Reederei. Il 24 luglio la nave partì per Marsiglia, dove fu autoaffondata il mese successivo. Considerata preda bellica dalla Francia, fu recuperata, riparata e rimessa in servizio per la Compagnie de Navigation Mixte, con il nome di Djebel Nador. In seguito passò di mano diverse volte; nel 1968, mentre era in viaggio tra Spalato e Gibuti, la nave si incagliò sulle coste del Mozambico.

 

Leopardi

La Leopardi fu impostata ai cantieri del Quarnaro il 27 novembre 1941, venendo poi varata il 22 maggio 1943. Dopo la firma dell'armistizio l'8 settembre 1943, la Tirrenia tentò di fare in modo che la nave, ancora incompleta, raggiungesse il porto di Bari, sotto controllo alleato. La sera del 10 settembre la Leopardi partì dal cantiere, con a bordo anche 200 militari della Regia Marina, 20 operai e un migliaio circa di civili e militari italiani sbandati; la nave fu però intercettata da due unità militari tedesche e riportata a Venezia. A fine settembre la nave partì per il Pireo, dove giunse il 19 ottobre; l'equipaggio della Tirrenia fu sbarcato e la nave passò direttamente sotto gestione tedesca, venendo impiegata nell'Egeo con il nome di Leda. Il 2 febbraio 1944 la nave fu affondata.

Giosuè Borsi

La Giosuè Borsi fu impostata sugli scali del cantiere navale del Muggiano il 29 dicembre 1941. La costruzione procedette a rilento, sia per la difficoltà nell'approvvigionamento dei materiali dovuta alla guerra in corso, sia perché la nave fu utilizzata come fonte di ricambi per la gemella Oriani, gravemente danneggiata. Al momento dell'armistizio dell'8 settembre, la nave si trovava ancora sullo scalo, completa per il 50%, e i lavori di costruzione furono sospesi. Pur danneggiata dai bombardamenti e dal prelievo di materiali e macchinari da parte dei tedeschi, la Giosuè Borsi sopravvisse alla guerra: i lavori di costruzione furono ripresi nel giugno 1945 e la nave fu varata il 28 aprile 1946. Consegnata alla Tirrenia l'11 gennaio 1947, fu noleggiata alla Adriatica di Navigazione, che la mise in servizio sulla linea Genova - Alessandria d'Egitto.Scaduto il noleggio, nel settembre 1948 la Giosuè Borsi fu inviata ai Bacini di Napoli per aggiungere delle sistemazioni passeggeri, in modo simile a quanto fatto per la gemella Oriani. Riconsegnata alla Tirrenia il 27 dicembre 1948, fu destinata alla Napoli - Palermo, affiancandosi alla Città di Tunisi fino al 1953. Nel maggio di quell'anno, in virtù del fatto che i servizi passeggeri erano ormai coperti dalle nuove unità della classe Regione, la nave fu riconvertita in nave da carico e dal primo giugno andò a riattivare, insieme alla gemella Cagliari (ex Oriani), la Linea 36 tra Adriatico e Nord Europa, per la quale era stata concepita 15 anni prima. Nel gennaio 1976, in seguito all'assegnazione della linea all'Adriatica, fu noleggiata a quest'ultima compagnia. Il noleggio durò fino all'8 luglio 1976, quando la Giosuè Borsi fu sostituita da un'unità ro-ro merci e fu posta in disarmo a Napoli. Nel febbraio 1977 venduta ad un armatore cipriota. Rinominata Dawn, nell'agosto 1979 fu demolita a Vado Ligure.

 

Vittorio Locchi

La Vittorio Locchi fu impostata il 1 luglio 1942 presso i cantieri navali del Quarnaro, dove fu poi varata il 7 maggio 1944 Sequestrata dai tedeschi e rinominata Kuckuck, non entrò mai in servizio, venendo affondata presso il cantiere il 24 febbraio 1945. Recuperata e dichiarata preda bellica dalla Jugoslavia, fu completata il 12 novembre 1951 e affidata, con il nome di Ucka, alla Jugolinija. Fu demolita nel 1978 a Spalato.

 

Fonte web di pubblico dominio

 

venerdì 4 dicembre 2020

DA OGGI INIZIEREMO  UNA RUBRICA   DEDICATA ALLE NAVI MERCANTILI ITALIANE PRIMA E DOPO LO SCOPPIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE RACCONTANDOVI IN BREVE LA LORO STORIA

PIROSCAFO MONBALDO











E' la storia di una nave mercantile italiana sorpresa dallo scoppio della seconda guerra mondiale fuori dal Mediterraneo,in Brasile: il 10 giugno 1940 oltre duecento navi mercantili italiane furono costrette per non cadere nelle mani del nemico, alcune ad autoaffondarsi, altre a rifugiarsi in porti neutrali. Alcune di queste seguendo precisi ordini di operazione lasciarono i porti neutrali per intraprendere le lunghe e rischiose navigazioni oceaniche che avevano quale meta i porti atlantici della Francia occupata dai tedeschi. Queste navi furono denominate" violatori di blocco".Nei porti del Brasile, dell'Argentina e dell'Uruguay erano concentrate ben 36 navi italiane allo scoppio della guerra e Supermarina, in accordo con il Ministero degli esteri, aveva mobilitato gliAddetti Navali presso i Governi di Rio de Janeiro, Buenos Aires e Montevideo perstudiare la possibilità di recuperare una parte del naviglio mercantile.Il MONBALDO si trovava nel porto di Belen sul fiume Parà nel nord del Brasile: era un piroscafo da carico della Società di Navigazione Italia, di 6.213 t.s.l. e 10 nodi di velocità con una autonomia massima di 3.900 miglia.Completato il carico di 8000 tonnellate di materie prime e merci varie, partì nelle prime ore del 28 giugno 1941 dalla località Pinheiro a 20 km da Belem ed alle ore 16.00 il piroscafo italiano aveva già guadagnato il mare aperto. La nave venne camuffata in modo da poter essere scambiata per il piroscafo inglese "Castelmoor" pitturando anche lo scafo con il colore grigio dei mercantili inglesi. Al comando del capitano di l.c. Virgilio Bertello,la nostra nave navigò praticamente indisturbata, nonostante numerosi avvistamenti di navi mercantili all'orizzonte, ed al mattino del 20 luglio 1941 venne avvistato Capo Finisterre. Da questo punto la navigazione si svolse a breve distanza dalla costa spagnola, il 23 luglio raggiunse S. Jean de Luz, dove venne raggiunta dagli U- Boote tedeschi per la scorta fino alla Gironda. Il Monbaldo proseguì la navigazione alla volta di Bordeaux che venne felicemente raggiunta alle ore 22 del giorno 24 luglio 1941.Alcuni giorni dopo, terminata la discarica, la nave passò ai tedeschi e gran parte dell'equipaggio italiano venne rimpatriato. Successivamente, con ancora a bordo il capitano Virgilio Bertello, la nave forzò il blocco di Dover, ma rimase colpita dalle schegge dei proiettili dei cannoni di grosso calibro inglesi, riportando danni minori sopra al galleggiamento, e con due feriti fra l'equipaggio, raggiunse il Baltico. L'8 settembre 1943 il Monbaldo si trovava nelle acque di Stettino: la nostra nave continuò a navigare fino al 24 marzo 1945, quando, sempre a Stettino, venne affondata da bombe di aereo-Nello stesso 1945 il relitto del piroscafo venne recuperato dalla ditta «ACC CBF» e rimorchiato a Wismar, dove, il 16 settembre 1950, iniziarono i lavori di ricostruzione. Causa le dimensioni, nel 1952 il mercantile dovette essere trasferito nei Paesi Bassi, ove vennero completati i lavori; nel giugno 1955 la nave, ribattezzata Kaliningrad, entrò in servizio per il governo sovietico. Ribattezzato Banga (БАНГА) il 9 maggio 1960, il piroscafo continuò a navigare sino all'autunno 1969, quando venne demolito ad Amburgo.

notizie estrapolate dal web quindi di pubblico dominio

domenica 12 aprile 2020

CONCETTI BASE DELL'ARCHITETTURA NAVALE


L'architettura navale:  concetti di base

L'architettura navale, diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare dal nome, si occupa dei problemi legati all'interazione della nave con il mare. Meglio sarebbe dire con due fluidi: la nave infatti si muove sulla superficie del mare ed è immersa nell'atmosfera terrestre. Gli effetti dell'aria sulla resistenza al moto della nave sono trascurabili per velocità modeste ma diventano importanti quando la velocità del mezzo supera la dozzina di nodi circa, anche in relazione alle forme della parte emersa dello scafo. Un problema non da poco, tuttora dibattuto nella più recente letteratura scientifica, è poi quello dell'interazione fra i due fluidi, ovvero dei fenomeni che avvengono sul pelo libero del mare in prossimità della carena in moto.Il nome italiano di architettura navale deriva dalla lingua inglese nella quale "naval architect" designa il progettista della carena, distinto dal marine "engineer", lo "strutturista" ed "impiantista". Anche poi se nella progettazione navale moderna alla redazione di un progetto partecipa un equipe di persone.
Una nave differisce da ogni altro tipo di struttura ingegneristica, tra l'altro, perché deve essere progettata per muoversi efficacemente nell'acqua con la minima spinta possibile e quindi con il minimo dispendio d'energia. Il progettista deve quindi, oltre ad assicurare il galleggiamento e la stabilità anche a nave danneggiata, oltre a garantire la robustezza strutturale sia in acqua calma che ondosa, valutare l'energia necessaria a far muovere sui mari il suo mezzo, possibilmente prima di costruirlo.
Una carena, ove per carena si deve intendere la parte immersa di un qualsiasi oggetto che galleggia, può dirsi completamente definita quando se ne conoscono le dimensioni (lunghezza, larghezza, immersione, ecc.) e la forma: ma mentre le prime possono essere espresse attraverso dei numeri e quindi individuate univocamente, la forma non si può definire con dei numeri o a parole se non in modo del tutto qualitativo.
Possiamo dire che una barca è fine o piena, ha sezioni più o meno svasate, la prora slanciata, la poppa arrotondata o a specchio e così via ma non si può raccontare com'è fatta una barca; bisogna vederla. È per questo motivo che la progettazione navale, ancora oggi nell'era dell'informatica, diventa un'arte ed il progettista di una buona carena è visto come un inimitabile artista. È quindi necessario un disegno, il cosiddetto piano di costruzione, che ci mostri l'oggetto: ed anche per questo la progettazione di una carena è affidata all'abilità ed alla "mano" che una volta manovrava "piombi e flessibili" disegnando sulla carta ed attualmente manovra "mouse e calcolatore" disegnando sullo schermo delle linee che descrivono la forma più opportuna per fendere l'acqua. Ma quale influenza hanno la forma e le dimensioni della carena sulla spinta che io devo fornire per muovermi? Posso considerare separatamente i due elementi, forma e dimensioni, per i loro effetti sulla resistenza al moto? Non è facile rispondere ma possiamo affermare che caratteristiche dimensionali errate non consentono buone velocità anche se si realizzasse un'ottima forma, se invece le dimensioni sono corrette una forma opportuna consente di guadagnare un certo margine sulla velocità a parità di energia fornita. In sostanza è assolutamente necessario che la lunghezza e la larghezza siano ben proporzionate, infatti, l'immersione della carena non ha ampi margini per variare essendo comunque legata al peso della barca ed alla sua galleggiabilità.
È importante notare che si possono fissare delle dimensioni senza aver disegnato nulla della carena. La cosa può apparire banale ma è particolarmente utile quando si devono fare dei confronti fra diverse carene prima di costruirle: è abbastanza intuitivo, infatti, che a parità di lunghezza aumentando la larghezza della barca aumenti l'energia da fornire per muovermi ad una certa velocità.
Osservazioni analoghe possono essere fatte sulle dimensioni di una carena; ma bisogna prestare attenzione! Non si pensi che aumentando, ad esempio, la larghezza tutto possa rimanere invariato. Aumenterà anche il peso della barca e con esso l'immersione. Non possiamo quindi dare una valutazione di quanto crescerà la potenza da fornire variando la larghezza; infatti, bisognerebbe tenere in conto l'effetto della diversa immersione che sicuramente aumenterà con l'aumentare della larghezza e quindi del peso dell'imbarcazione. Una nave è un corpo unico e ogni minimo intervento su una sua parte si ripercuote inevitabilmente su tutte le altre è il concetto che sta alla base di tutta la progettazione. Per quanto banale, molto pochi se ne rendono conto.
Anche se la forma non si può determinare in modo quantitativo e cioè esprimere con numeri come le dimensioni, possiamo fare confronti fra diverse carene? Dall'esperienza si riescono a trarre delle conclusioni circa l'influenza che le dimensioni hanno sull'energia da fornire per muovere un corpo nell'acqua; ma come poter confrontare la forma? Non esiste che la prova sperimentale. Be' questo si può fare sovrapponendo due disegni (che sono in ogni caso bidimensionali mentre una barca ha tre dimensioni). Possiamo però avere un'idea di come stanno le cose definendo dei coefficienti di finezza: si tratta di confrontare il volume immerso con un volume fissato ad esempio quello definito dal parallelepipedo (la scatola) che sta intorno alla carena (coefficiente prismatico longitudinale). Altri simili parametri possono essere definiti a piacimento per confrontare due carene. Tutte queste considerazioni rimangono qualitative ma si vede dall'esperienza che azzeccare le dimensioni della barca ai fini della velocità conta di più che avere una buona forma. Teniamo presente che forma e dimensioni influenzano anche stabilità, robustezza, spazi interni, insomma il progetto di tutto nulla escluso dipende dal guscio esterno che racchiude il volume globale. Dalla fantasia dei progettisti nascono perciò carene non convenzionali per soddisfare particolari esigenze: catamarani, SWATH (small water area twin hull), aliscafi, hovercraft, scafi plananti a spigolo o con carena tonda, SES (surface effect ship), etc. Fino ad ora abbiamo affermato che la nave si muove nell'acqua e questo non è proprio preciso: in realtà la nave si muove sulla superficie dell'acqua. Tale affermazione, che può apparire una sottigliezza in realtà comporta una differenza enorme. Chiunque abbia visto un oggetto galleggiare avrà notato che nelle sue vicinanze si formano delle onde, così come lateralmente ed a poppa di una barca in movimento. Chi crea queste onde? E soprattutto, quanta energia viene spesa? Se è possibile calcolare con formule matematiche l'attrito fra l'acqua e la carena come si calcola l'attrito fra due corpi solidi che strisciano l'uno sull'altro (magari ci vuole un po' più di fatica), non è altrettanto possibile calcolare con sufficiente precisione l'energia assorbita dal formarsi delle onde. La teoria analitica non consente di risolvere il problema in modo "soddisfacente", perciò si usa ancor oggi il metodo sperimentale costruendo dei modelli in scala da provare in apposite vasche. Può apparire incredibile ma l'energia da spendere per muovere un galleggiante dipende dalla velocità elevata ad una potenza che, per alte velocità, arriva fino alla sesta: per fare un esempio se raddoppio la velocità di una barca da 30 a 60 nodi dovrò fornire un'energia approssimativamente 64 volte maggiore. Questo spiega perché ci sia voluto tanto tempo prima che la velocità delle navi crescesse quanto abbiamo visto negli ultimi anni: si sono dovute sviluppare tecnologie in grado di fornire enormi energie con macchine di dimensioni relativamente ridotte e trasportabili dalla nave. L'applicazione al campo navale di tutte le conoscenze ingegneristiche non può ancora essere considerata una scienza esatta poiché ci sono ancora molti margini di incertezza e molti elementi sfuggono alle più moderne teorie matematiche lasciando un ampio margine all'intuizione ed all'inventiva dell'architetto navale. Come ebbe a dire il famoso matematico Pointcarrè: La matematica non vi dice cos'è ma cosa sarebbe se. Infatti in questo campo i parametri sono così tanti che parte di essi devono comunque essere trascurati ed inoltre non è ancora stato trovato un sistema, pur complesso, di formulazioni matematiche la cui soluzione consenta di ottenere la resistenza al moto di una nave in modo univoco in funzione di una serie di parametri di ingresso che descrivano la nave stessa. Ovvero, non basta una corretta applicazione della matematica e della fisica, pur con i più sofisticati metodi oggi in uso, per ottenere una buona nave.

Fonte web di pubblico dominio.



giovedì 9 aprile 2020

L'AFFONDAMENTO DELL'ESTONIA

M/T  ESTONIA

rotta  Tallin  -  Stoccolma
Impostazione chiglia 18/10/1979 Cantiere Papenburg Germania
Stazza lorda            15.566  tsl
Stazza netta             8.372  tsn
Portata Lorda         2.935   tpl
Lunghezza              155,43 mt.
Largezza                    24,21 mt.
Pescaggio                     5,55 mt.
Velocità                      21 nodi
Propulsione               quattro motori  MAN 8L 40/45-17.652 Kw.
Passeggeri                      2000
Capacità Carico       460 auto

MAYDAY. MAYDAY State lanciando un Mayday? Estonia, cosa sta succedendo? Potete rispondere? – Qui Estonia. Chi c'è laggiù? - Estonia, qui è la Silja Europa. – Parlate finlandese? - Sì, parlo finlandese. – Abbiamo un problema. Ci stiamo piegando in maniera preoccupante sul lato di dritta, probabilmente di oltre 20 o 30°. Potete inviare assistenza e contattare la Viking Line? - La Viking Line non è lontana da noi e probabilmente a quest'ora ha già appreso la notizia. Comunicatemi la vostra posizione. – Abbiamo un blackout e noi… io non posso dire quale sia la nostra posizione in questo momento...  - OK, cercheremo di fare qualcosa. – State venendo in nostro soccorso?  - Sì. Puoi darci la tua posizione esatta? - Adesso non è possibile. Abbiamo un blackout a bordo. Gli strumenti sono spenti - OK, proviamo noi a rintracciare la vostra posizione. Solo un momento. Faremo del nostro meglio per venire in vostro soccorso ma dobbiamo prima calcolare le vostra posizione. – Adesso posso darvela.  – Bene! Vai! - Latitudine 58, solo un momento. - OK. - 22 - OK, 22°, arriviamo. – Volevo dire 59, latitudine 59 e 22'. 59° 22′. La longitudine? - 21° 40′ Est. 21° 40′ Est, OK. – Qui si sta mettendo male. Si sta mettendo davvero male adesso!!!


Alla una e ventiquattro della mattina del 28 settembre 1994, un accorato Mayday veniva lanciato sul canale 16 dall’operatore radio del traghetto Estonia, di proprietà della compagnia Estline, in rotta tra Tallin e Stoccolma. Nelle gelide acque del mar Baltico si stava già inesorabilmente consumando una delle più colossali tragedie del mare.Il traghetto Estonia era salpato alle ore 19 del giorno precedente dal porto di Tallin con a bordo 989 persone, di cui 803 passeggeri e 186 uomini di equipaggio. L’arrivo al porto di Stoccolma, previsto per le nove e mezza di mattina, non ebbe mai luogo: alle due meno dieci, dopo nemmeno mezz’ora dalla prima richiesta di soccorso, di quell’imponente nave 15.556 t.s.l. non sarebbe rimasto nulla. Nemmeno una flebile traccia sui radar.
Il conteggio delle vittime alla fine sarà terribile: 852 persone persero la vita nel disastro. Di queste solo 95 furono le salme recuperate, qualcuna quella stessa notte, molte altre restituite dal mare nei giorni successivi, un po’ qua, un po’ là sulle coste finlandesi. Tutte le altre sono ancora laggiù, in fondo al mare, in paziente attesa.


La versione ufficiale sostiene che la celata di prua, quel portellone che permette l’eccesso alla rampa di carico e quindi al ponte di stoccaggio delle autovetture, a causa del mare in tempesta cedette improvvisamente, staccandosi dal resto della nave. Il garage, in pochi istanti, sarebbe stato invaso da una quantità impressionante di acqua, che causò dapprima una forte inclinazione della nave verso dritta e, nel giro di pochi attimi, consegnò al mare l’Estonia con tutto il suo carico di vite umane.





A seguito di questo incidente venne rimessa in discussione,da parte dellIMO,  la sicurezza delle navi RO/RO nonostante gli emendamenti alla Solas del Maggio 1994. In particolare andavano rivisti gli aspetti riguardanti:il rinforzo delle porte stagne degli spazi garage in particolare prua e poppa-la sopravvivenza della nave in caso dincidente a  mezzo  paratie divisionali negli spazi garage- i mezzi di salvataggio-direttive circa loperatività della nave in caso di condimeteo avverse-regole per la lingua di lavoro- Il comitato di studi determinò inoltre che occorrevano due compartimenti allagati come requisito per la sopravvivenza della nave. Furono adottati obblighi riguardanti le pompe di sentina,il rizzaggio dei mezzi imbarcati,laccesso ai garage in navigazione,gli allarmi e la sorveglianza dei ponti della stiva carico,regole costruttive riguardanti lallagamento attraverso le condotte daria,linstallazione del VDR(scatola nera),le radiocomunicazioni,i controlli con visite occasionali alla nave,una zona a bordo di appontaggio elicotteri o di hovering,sistemi di evacuazione, informazioni ai passeggeri. Lassemblea dellIMO nel Novembre 1995 adottò 5 risoluzioni: (A792-19)  -  (A793-19)  -  (A794-19)  -  (A795-19)  -  (A796-19) riguardanti alcune  problematiche di cui sopra,in seguito ne  furono emanate altre. 

Video simulazione affondamento-fonte youtube