domenica 31 marzo 2019

STUDIO DELL'ANTIFOULING parte 3^



Tipologie di resistenza
Viene posta particolare attenzione alla rugosità superficiale vera della carena edipendente dal rivestimento utilizzato. Rugosità superficiale che, come accennato nellaConferenza internazionale sulla riduzione dell’attrito (SMOOTH Ships 2011) tenutasi inTurchia nella Technical University di Istanbul in data 20 Mggio 2011, può essere suddivisain due categorie:rugosità fisica: nasce da ogni tipo di discontinuità ed è influenzata da ogni parte delloscafo che modifica il flusso d’acqua sulla superficie dello scafo come ad esempio
deformazioni, imperfezioni durante la saldatura, protezioni catodiche (usate per il
monitoraggio della corrosione superficiale) e lingue di sentina. Questo tipo di rugosità non è scopo del nostro studio;rugosità biologica: è causata dal fouling ed è migliorabile levigando la superficiedello scafo a contatto con l’acqua o durante l’utilizzo della nave usando rivestimentiantifouling appropriati. Questa è la categoria di rugosità maggiormente influenzatadalle protagoniste di questa tesi ovvero le vernici antifouling.
In ambito navale esistono anche le navi appartenenti al naviglio minore , ovvero navi non
grandi la cui velocità tipica si aggira intorno ai tredici nodi. Per tutte queste categorie di
mezzi navali, la minimizzazione della resistenza d'attrito passa anzitutto, ancora una volta,
attraverso una appropriata progettazione. E qui sopperiscono gli studi sulla idrodinamica,
grazie ai quali oggi disponiamo di metodi di calcolo sempre più raffinati, ormai affidati
all'elaboratore elettronico, per disegnare forme di carena nelle quali la superficie bagnata èla minima indispensabile per realizzare quelle certe caratteristiche della nave che
l'Armatore ha richiesto. Anche i materiali con cui lo scafo è costruito hanno il loro impatto
sul valore del Cf. Il legno, a sua volta, è di solito meno rugoso dell'acciaio ordinario, quello
più ampiamente utilizzato nella costruzione navale. Poi Il progettista sa dove trovare le
indicazioni per ottimizzare il Cf tenendo conto dei fattori che maggiormente confluiscono
nel determinarla. La prassi della costruzione navale, poi, fornisce le metodiche per rendere
il più scorrevole possibile la carena una volta che siano stati scelti i parametri
dimensionali. Tali metodiche si basano in pratica nell'applicazione, sulla superficie della
carena, di sostanze incaricate di:eliminare, o almeno ridurre al minimo possibile, la rugosità della carena. A questo riguardo accenniamo che per certi tipi di nave, specialmente militari, vengono impiegate sostanza "autoleviganti". Vale a dire che nel corso del tempo, queste sostanze si sfogliano come veli di cipolla, in modo da assicurare sempre la massima levigatezza alla carena;proteggere lo scafo dall'attacco degli aggressivi chimici disciolti nell'acqua (funziona anticorrosiva);proteggere lo scafo dall'attacco dei numerosi aggressivi biologici (vegetali ed animali) anch'essi presenti nell'acqua (funzione antivegetativa).Dunque ricapitolando la diminuzione del biofouling: diminuisce la resistenza ad attrito della nave, garantendo così migliori prestazioni grazie una riduzione della rugosità superficiale con conseguente riduzione del coefficiente di resistenza ad attrito equivalente, diminuendo i consumi di carburante, creando guadagni economici e meno inquinamento ambientale.
TECNOLOGIE  ANTIFOULING
Vediamo una descrizione dell’evoluzione delle tecnologie antifouling dagli antichi Fenici e
Cartaginesi fino ai giorni nostri.
Tecnologie antecedenti alla metà del XIX secolo:
La necessità di proteggere gli scafi delle navi dal fouling è antica quanto la scoperta della
nave come mezzo di locomozione.
Scafi in legno :
Cartaginesi 700 a.C. Pece e possibilmente coperture (guaine) di rame.
Fenici 700 a.C.500 a.C.Sego e guaine di piombo. Rivestimenti di arsenico e zolfo mischiati con l’olio.
Greci 300 a.C. Guaine di cera,catrame e piombo.
Romani , Greci 200 a.C.-45 d.C. Guaine di piombo con chiodi di rame.
Vichinghi 10 d.C. Sigilli di catrame
Plutarchiani 45-125 d.C. Pezzi di alghe, slime e pece
Navigatori in età
colombiana
XIII-XV secolo Pece e sego mischiati con olii, resine.
Diverse civiltà 1618-1625 Rame, possibilmente con una mistura di cemento, acciaio,sabbia e un composto di rame o minerale arsenico.
XVIII secolo Guaine di legno su uno strato di pece e capelli animali.
Scafi in legno o acciaio
Inglesi 1758 -1786
Coperture di rame che causarono la  corrosione galvanica di chiodi di ferro.
Coperture di rame usando chiodi di leghe di zinco e rame.
Diversi popoli 1758-1816 Coperture di zinco,piombo, nickel,arsenico, acciaio zincato, e poi leghe di antimonio, zinco,stagno, seguiti da coperture di legno rivestite di rame.
Venne scoperta anche la possibilità dell’utilizzo di coperture no metalliche(smalto,sughero, ebanite e gomma ).
Osserviamo che i rimedi al fouling vennero progettati sin dai tempi dei fenici e cartaginesi con rivestimenti di pece, piombo e zolfo,furono anche i primi a utilizzare il rame, che sarà utilizzatissimo e fondamentale nelle tecnologie future.Tecniche simili vennero usate anche da romani e greci che effettuarono ricerche utilizzarono soprattutto il piombo. Successivamente nel XVIII secolo erano molto diffuse coperture di legno unite con pece o catrame e una quantità notevole di chiodi metallici che entrando in contatto fra loro formano una sorta di seconda pelle sullo scafo. Dal XVIII secolo in poi si iniziarono a produrre scafi in acciaio e non solo più in legno e così vennero sperimentate nuove tecnologie come quelle caratterizzate da coperture non metalliche come gomma, vulcanite, sughero e smalto), ma queste tipologie vennero presto abbandonate a causa dei costi onerosi e della difficoltà di applicazione. Venne anche abbandonata la tecnologia caratterizzata da coperture di legno con chiodi di ferro poiché causavano la corrosione galvanica dello scafo causando nel 1782. Il problema venne risolto usando chiodi in leghe di rame e zinco. Infine intorno alla metà del XIX secolo si arrivò alla creazione della prima pittura antifouling contenente rame, arsenico e ossido di mercurio come biocidi (intossicanti) sciolti in olio di semi di lino o in resine.
1862 Metà del XIX secolo Rivestimenti in legno ricoperti di rame. Nascono le prime
PITTURE antifouling contenenti elementi biocidi e tossici(rame,arsenico, mercurio)inserite in una catena polimerica.
Tecnologie seguenti alla metà del XIX secolo fino a oggi:
Dunque dopo la metà del XIX secolo le pitture antifouling presero il sopravvento su tutte le altre tecnologie brevettate fino a quel tempo. La tipologia di pittura antifouling più diffusa era quella contenente al suo interno dei biocidi,ovvero sostanze velenose applicate sullo scafo con lo scopo di uccidere micro o macro organismi causa del biofouling preservando così la forma e l’integrità dello scafo. Una delle più efficaci venne brevettata nel 1950 basata su composti tributilstannici (chiamata infatti TBT) la quale garantiva efficacia su un vasto raggio di specie e una durata di ben 5anni. Questa pittura però era causa di impotenza e sterilizzava alcune specie marine le quale così non potevano riprodursi e rischiavano di estinguersi. Così questa tecnologia (TBT) venne bandita nel Novembre del 1999 dalla IMO (International maritime organization) con il divieto di applicazione di vernici con composti organo stannici dal 1 Gennaio del 2001 e il divieto totale dal 1 Gennaio 2008.
Terminata così l’epoca dei composti organostannici si volle oltre a eliminare il fouling già
insediatosi sullo scafo, anche prevenire la sua formazione garantendo un certo livello di
lisciatura in modo da ridurre al minimo l’attrito della nave al moto. Per un certo periodo di
tempo negli anni seguenti al bando indetto dalla IMO, si passò a nuove tecnologie a rilascio(per movimento) e ablative (per periodo a riposo) a base di rame. Anche qui si presentarono dei problemi a livello ambientale perché i metalli presenti nelle vernici si bioaccumulano nell’ambiente creando sedimenti che possono rendersi tossici a livelli elevati e permanere nascosti per degli anni. Quindi si cercò con il tempo di aumentare i biocidi in modo da diminuire la quantità di rame e di metalli , anche se gli effetti organici dei biocidi non sono stati ancora del tutto scoperti e svelati e le conseguenze che generano nell’ambiente sono ancora da scoprire e in fase di ricerca. Così infine si arrivò alle vernici scoperte ultimamente e del futuro chiamate “foul release” e “biocide free”, che presentano un ottimo compromesso tra un elevato rispetto ambientale e prestazioni efficienti. Queste vernici sono composte da catene polimeriche funzionali che vengono rilasciate sulla superficie immersa dello scafo della nave non rilasciando così biocidi eventualmente tossici e ancora in fase di studio e dunque ancora un’incognita. Le catene polimeriche inibiscono maggiormente il biofouling e la biocorrosione grazie alla loro incorporazione di catene funzionali anti adesione, antimicrobiotiche e anti corrosione rispetto al rilascio di biocidi. Diversi rivestimenti e pitture a base di polimeri funzionali sono stati sviluppati negli anni recenti a altri sono in via di sviluppo
Non-biocidal coatings :
Le pitture commerciali non biocide spaziano da pitture da una matrice molto dura utilizzata
principalmente per imbarcazioni di piccole dimensioni e spesso difficili da pulire fino a
vernici con la tecnologia “foul release” o a rilascio che hanno la proprietà di rendere la
superficie dello scafo a bassa energia rendendola così facile da pulire e facendo distaccare facilmente gli organismi senza l’uso di biocidi.I rivestimenti a tecnologia “foul release” si basano sul concetto di minimizzare la forza di adesione tra i foulers e il materiale di cui e costituita la superficie dello scafo permettendo la rimozione del fouling semplicemente attraverso il moto della nave, quindi è un tipo di pulizia meccanica che sfrutta l’idrodinamicità della nave durante la navigazione.Polimeri siliconici e fluoropolimeri con bassa energia superficiale e modulo sono i materiali più utilizzati come leganti. Però l’uso di vernici a rilascio a base siliconica creano alcuni svantaggi. Alcuni organismi (come i diatoms slime) sono difficili da eliminare se si procede ad una velocità inferiore ai 30 nodi, inoltre queste vernici sono molto sensibili ai danni meccanici e sono complicate da applicare.

lunedì 4 marzo 2019

STUDIO DELL'ANTIFOULING parte 2^


CHE COSA È IL FOULING
Con il termine biofouling si intende il fenomeno di accumulo e deposito di organismi viventi,animali e vegetali, unicellulari o pluricellulari su superfici naturali o artificiali immerse; tale aspetto costituisce un problema che deve essere contrastato e controllato quando si presenta l’esigenza di avere superfici efficienti dal punto di vista idrodinamico (es. carene di imbarcazioni, tubazioni).Il biofoulin può essere schematicamente rappresentato come una successione ecologica(Candries M. 2001) in cui il microfouling (o biofilm), costituito da batteri, alghe unicellularie cianobatteri, si instaura sulle superfici preparando le stesse all’attacco del macrofouling,costituito dall’insediamento di organismi marini di maggiori dimensioni sia di origine vegetale (macroalghe) che animale (serpulidi, cirripedi, bivalvi, spugne ed altro).Per contrastare l’attacco di organismi con spiccate capacità adesive possono essere usati prodotti vernicianti antivegetativi (antifouling) che contengono al loro interno molecole con azione biocida che vengono rilasciate con tempi e a concentrazioni differenti a seconda delle matrici in cui sono incorporate.Alcune sostanze ad azione biocida ed elevata efficacia impiegate nel corso degli anni hanno mostrato livelli di tossicità elevata nei vari comparti dell’ambiente marino (sedimenti,colonna d’acqua, organismi). Un esempio è dato dai composti organostannici (es. TBT), il cui uso come antivegetativi è stato vietato a seguito delle indicazioni dell’IMO e della convenzione internazionale (AFS) adottate il 5 ottobre 2002 dagli Stati membri dell’Unione Europea. Recentemente anche le vernici a base di composti rameici, ad oggi le più utilizzate,sono state vietate in Svezia.Un’ alternativa alle vernici contenenti biocidi potrebbe essere l’impiego di polimeri ad azione fouling-release, la cui azione non impedisce la formazione di biofouling ma ne facilita il distacco, a causa delle deboli interazioni che si creano tra la matrice e le strutture di adesione degli organismi.Esistono più di 4000 specie di ‘’foulers’’ ognuna con le proprie caratteristiche. Esistono due grandi gruppi in cui è possibile dividere gli organismi che causano questo fenomeno e il processo del fouling solitamente si divide in 4 fasi.Le due grandi categorie in cui è possibile effettuare la suddivisione sono :
" MICROFOULING : caratterizzata da foulers di dimensioni molto piccole (grandezza
del micrometro), formano la famosa “slime”, principalmente formata da muffa di
mare, diatomee e organismi unicellulari. Influenzano la resistenza al moto della nave fino ad un massimo del 10 %." MACROFOULING : foulers più ingombranti (raggiungono spessori di diversi centimetri) rispetto alla categoria micro, ne fanno parte alghe di notevoli dimensioni e l’animal fouling. Possono influenzare fino al 40% la resistenza a moto della nave.Oltre ad aumentare la resistenza, corrodono e danneggiano anche la pittura prima e lo scafo poi.Il fenomeno inizia a verificarsi dal momento in cui la nave si immerge nelle acque marine o oceaniche che siano. Nella prima fase sullo scafo si accumulano materia organica dissolta e molecole come polisaccaridi, proteine e frammenti proteici. Poche ore dopo inizia la seconda fase, che porrà le basi per quelle successive. Infatti in questa viene a formarsi un sottile film microbiotico di batteri e organismi unicellulari come le diatomee (slime), seguito da una  secrezione di mucopolisaccaridi che creano solide basi per l’insediamento del macrofouling.Questo ‘’slime’’ influenzerà in maniera rilevante le prestazioni della nave, aumentando la resistenza al moto tra il 2% e il 10%. La presenza di essudati adesivi e la rugosità causata dalle irregolari colonie microbiotiche favorisce così l’insediamento di molte altre particelle e organismi dando inizio così alla terza fase dove si instaurano soprattutto spore algali ,funghi e protozoi marini. Inoltre in questa fase ho il passaggio dal film microbiotico a un rivestimento organico molto più complesso che tipicamente è caratterizzato da organismi  marini pluricellulari , erbivori e decompositori.Infine si raggiunge la quarta e ultima fase del processo di formazione del fouling , nella quale si intensifica fortemente l’attaccamento e crescono sullo scafo principalmente macro-alghecome l’alga verde (Enteromorpha) e l’alga marrone (Ectocarpus) le quali presentano uno straordinario potenziale riproduttivo e una forte resistenza alle diffuse fluttuazioni ambientali specialmente per quanto riguarda salinità e secchezza, rendendo il loro distacco molto complicato. Altro protagonista di questa fase è il fouling animale composto principalmente da cirripedi, molluschi, briozoi e tubificidi.L’ “animal” fouling rispetto al precedentemente citato “slime” riduce drasticamente le
prestazioni della nave (40%) e deve essere eliminato ed evitato il più possibile.12
Lo sviluppo del biofouling marino dipende da molteplici fattori come la temperatura
dell’acqua, livello di nutrienti, frequenza delle correnti, salinità e pH dell’ambiente marino
e le proprietà del materiale dello scafo. Oltre i fattori ambientali, influiscono anche proprietà superficiali come l’energia superficiale, la bagnabilità, la resistenza meccanica e la topografia della superficie. Diversi studi hanno dimostrato che una superficie con valori
energetici tra i 20 e i 30 mJm-2, conosciuta come ‘minimo di Baier’, rappresenta la
condizione di minima adesione per i microrganismi. Dipende anche da fattori geografici
come la zona geografica e il periodo dell’anno.La fase di maggiore aggressività si verifica quando la nave attracca in porto (fig.4)soprattutto in presenza di acque tropicali.
 Le pitture antifouling navali quindi non solo devono avere un’elevata efficacia e garantire
almeno 5 anni di protezione costante tra un attracco e l’altro, ma devono anche avere, nella maggior parte dei casi, un ampio spettro di azione in modo da poter contrastare le più di4000 specie esistenti in ogni condizione ambientale e superficiale in cui si possono trovare.Ogni nave avrà la propria vernice antifouling più adatta per i propri fini e le proprie esigenze ambientali, di velocità, e di carico.
 INFLUENZA DEL FOULING SULLA
 RESISTENZA AL MOTO DELLA NAVE.
Si definisce resistenza al moto o resistenza totale RT di una carena ad una data velocità V la forza che sarebbe necessaria per rimorchiare, in acqua tranquilla ed indisturbata, quella nave a quella velocità. Questa definizione si riferisce ad una condizione teorica in quanto inpratica, supponendo anche di poter disporre di un rimorchiatore di potenza sufficiente, la
nave rimorchiata avanzerebbe nella scia del rimorchiatore e quindi in acqua disturbata.
La potenza necessaria a vincere questa resistenza prende il nome di potenza effettiva o
potenza di rimorchio e si indica con il simbolo PE (nella bibliografia meno recente è
possibile incontrare anche il simbolo ehp, dall'inglese effective horse power); dal
La resistenza totale è composta da un certo numero di componenti che sono dovute ad una molteplicità di cause e che interagiscono tra loro in modo molto complicato. In prima
approssimazione si può ritenere che la resistenza totale sia dovuta a quattro componenti
principali:
 1) resistenza d'attrito Rf (frictional resistance), dovuta al moto dello scafo in un fluido
viscoso; 2) resistenza d'onda RW (wave-making resistance), dovuta all'energia che la nave devespendere per generare le onde che si formano al suo passaggio; 3) resistenza viscosa di pressione RPV (viscous pressure resistance o VPR), dovuta all'
energia che la nave perde per la formazione di vortici che si staccano dalla carena o
dalle appendici; 4) resistenza dell'aria RAA (air resistance), dovuta alla velocità relativa tra la parte emersa della nave e l'aria ferma, cioè in assenza di vento; le componenti 2) e 3) vengono comunemente conglobate in quella che è detta resistenza residua.l'importanza relativa tra le diverse componenti della resistenza dipende dal tipo di imbarcazione che si considera e dalla sua velocità. Le componenti della resistenza sopradescritte sono dette principali in quanto sono state le prime ad essere studiate e sono presenti in tutti i tipi di imbarcazione, l'aggettivo principali non deve suggerire l'idea che esse siano quelle di maggiore entità. Tra le componenti della resistenza si annovera inoltre la resistenza delle appendici RAP; le appendici di carena sono costituite da timoni, alette di rollio,assi portaelica, bracci degli assi e da quant'altro sporga dalla superficie della carena.Questa componente della resistenza viene trattata separatamente in quanto le carene non venivano generalmente provate con le appendici, ma nude; essa non è considerata tra le componenti principali anche perché la sua entità è modesta per le navi lente. La sua importanza crebbe con il crescere della velocità di esercizio e con lo svilupparsi delle piccole imbarcazioni veloci, per le quali assume un valore non indifferente. Per le imbarcazioni veloci esiste inoltre la resistenza dello spray RS; essa è dovuta alla formazione di un sottile strato d'acqua,che scorre contro l'opera morta nella zona prodiera della carena, chiamato appunto spray.Per ovviare alla formazione dello spray, che è indesiderabile sia perché aumenta la resistenza all'avanzamento della carena sia perché da esso possono staccarsi spruzzi che possono raggiungere il ponte, sono stati introdotti i cosiddetti spray rails; essi sono costituiti da spigoli, che corrono longitudinalmente sulle murate, aventi la funzione di deflettere lo spray per impedirgli di scorrere sull'opera morta e di raggiungere la coperta. Naturalmente il beneficio che essi portano non è gratuito, infatti per deflettere lo spray è necessaria una certa forza la cui componente nella direzione del moto produce in un incremento della resistenza della carena. La resistenza dovuta a questo fenomeno è detta resistenza degli spray rails .
 Nel caso di multiscafi si considera poi un’ ulteriore componente della resistenza, detta
resistenza dovuta all'interferenza tra gli scafi DINT (Interference Drag); essa trae origine
dalla perturbazione del flusso che investe ciascuno scafo provocata dalla presenza dello
scafo adiacente. Si verifica infatti che la resistenza del doppio scafo è differente dal doppio
della resistenza di un singolo scafo. In realtà questa non è una vera e propria componente
della resistenza in quanto, in casi particolari, l'interferenza può essere positiva e quindi la
resistenza dovuta all'interferenza assume valori negativi; essa è stata introdotta per
quantificare la differenza di comportamento tra lo scafo singolo o accoppiato. La resistenza al moto della nave però generalmente dipende dalla rugosità superficiale dello scafo cheinfluenza principalmente la resistenza d’attrito.
Resistenza d’attrito
Diamo una spiegazione dettagliata al tipo di resistenza che è più legata alla rugosità
superficiale e quindi alla formazione di fouling. Questo tipo di resistenza nasce dal fatto cheil fluido in cui si muove la carena è viscoso; in altre parole i legami molecolari fanno sì che debba essere spesa una certa quantità di energia per provocare lo spostamento relativo di molecole. Considerando una carena in moto nell'acqua si verifica che il primo strato di fluido che la circonda aderisce alla stessa e si muove, rispetto all'acqua indi- sturbata, alla stessa velocità. A causa della viscosità gli strati successivi sono soggetti a delle tensioni tangenziali che li mettono in movimento a loro volta. Questo fenomeno dà luogo alla formazione di uno strato d'acqua, che diviene più spesso andando da prora a poppa, nel quale la velocità varia passando dal valore pari a quello della carena in movimento, nelle immediate vicinanze della stessa, fino ad un valore quasi nullo via via che ci si allontana da essa. Questa zona di acqua prende il nome di strato limite e la resistenza d'attrito è pari alla quantità di moto che lacarena fornisce allo strato limite per mantenerlo in movimento. Gli studi sulla resistenza d'attrito sono cominciati nel secolo scorso ad opera di molti studiosi; uno fra questi, Osborne Reynolds, condusse esperienze sul flusso all'interno di tubi introducendo al centro della corrente, una sottile vena di colorante. Reynolds osservò che quando la velocità del fluido entro il tubo era bassa il colorante si manteneva sotto forma di un filamento rettilineo parallelo alla direzione della corrente. Ad una certa velocità, che egli chiamò velocità criticaVC il filamento iniziava ad essere instabile e a perdere l'andamento rettilineo assumendo una configurazione ondulata; oltre tale velocità il filamento cessava di esistere ed il colorante si
mescolava completamente al fluido riempiendo completamente il tubo. La forza che il fluido esercitava sul tubo veniva misurata attraverso la caduta di pressione tra le estremità dello stesso; Reynolds osservò che, per velocità inferiori a VC, la forza sul tubo dipendeva
linearmente dalla velocità, mentre per velocità maggiori essa variava con una potenza della velocità leggermente inferiore al quadrato. Apparve inoltre che la forza, applicata dal fluido in movimento, si rivelava costante a parità del numero di Reynolds calcolato in base al diametro dei tubi:
Altri ricercatori si accorsero che quanto verificato da Reynolds si applicava anche  al deflusso di aria in un tubo e che le forze su modelli di dirigibili in scale differenti erano eguali a parità del numero di Reynolds calcolato utilizzando la lunghezza dell'aeromobile:
Questo tipo di esperienze suggerì la considerazione dell'esistenza di due tipi di flusso
associati a due tipi di leggi di resistenza. A bassi valori del numero di Reynolds, quando il
filamento di colorante si mantiene stabile, il fluido si muove evidentemente per strati
paralleli che non si mescolano trasversalmente, ma che scorrono l'uno sull'altro a differenti
velocità; questo tipo di flusso venne chiamato flusso laminare ed associato a resistenze
relativamente basse. All'aumentare del numero di Reynolds il flusso laminare diviene
sempre più instabile fino a che si verificano il mescolamento trasversale degli strati e la
generazione di vortici e contemporaneamente si verifica un aumento della resistenza d'attritoRf; questo secondo tipo di flusso venne denominato flusso turbolento. Si riconobbe quindi che la resistenza di attrito è funzione del numero di Reynolds.