lunedì 22 febbraio 2021

LA GONDOLA VENEZIANA

 

Un omaggio ad una imbarcazione storica

caratteristiche e storia

La gondola veneziana è lunga 11 m, alta circa 1,65 m, larga 1,42 m e pesa circa 500 chili. La più particolare delle caratteristiche della gondola è la sua asimmetria sull’asse longitudinale con una deviazione di circa 24 cm verso destra(Fig.1) rispetto a sinistra. Lo scopo di questa forma(Fig.2-3) è compensare lo spostamento causato dallo stile di rematura veneziano a un solo remo. Il remo, in legno di faggio, ha il fondamentale ruolo di timone. La forcola(Fig.4) è il punto in cui si alloggia il remo, ed è in legno di noce. Nonostante la sua notevole lunghezza, la gondola è estremamente maneggevole grazie al suo fondo piatto e alla porzione ridotta di scafo sott’acqua, ed è manovrabile anche in spazi molto stretti. Ogni gondola è composta da 280 pezzi di legno, fissati tra loro con chiodi galvanizzati. Per questo la costruzione di una gondola richiede una maggiore varietà di legni rispetto ad altre barche, per le quali vengono impiegati quercia, larice o pino. Oltre a questi tre tipi di legno, per le gondole vengono utilizzati anche olmo, tiglio, quercia, cedro e mogano. In totale vengono quindi impiegati ben otto tipi di legno, selezionati non solo per le specifiche caratteristiche, ma anche in base ai formati disponibili: il legno di quercia è utilizzato per lo scafo, soprattutto le fiancate, grazie alla sua elevata resistenza; l’olmo, molto duro ma anche estremamente elastico, è ideale per i bordi. Il cedro è forte e compatto ma molto malleabile, e pertanto adatto alle parti incrociate decorate e intagliate; il mogano, robusto e spesso, è di norma impiegato per le parti di poppa e prua, grazie alla sua elevata spugnosità che aiuta a prevenire la formazione di crepe; il pino e il larice, molto resistenti all’acqua, sono utilizzati per le parti immerse in acqua; infine il noce, grazie alla sua duttilità anche da bagnato, agevola i ritocchi finali. Il cantiere navale lagunare in cui vengono costruite barche e gondole viene chiamato in Veneto squero, mentre gli edifici che lo ospitano sono chiamati “tesa”.Lo squerarolo è l’artigiano che, pezzo dopo pezzo, dà lentamente forma a ogni gondola. Nel solco di una tradizione secolare, ogni squerarolo costruisce le proprie gondole ed ogni gondola è quindi un pezzo unico, un vero oggetto d’arte, perfettamente distinguibile dalle altre. Non esiste, né è mai esistito, uno standard per la costruzione di una gondola: ogni artigiano procede secondo il proprio intuito e le proprie idee, variando dimensioni e proporzioni delle gondole in base alle esigenze. Il tipico pettine o ferro di prua (in veneziano fero da próva o dolfin) ha lo scopo di equilibrare l'imbarcazione, bilanciando il peso del gondoliere a poppa. La sua forma(Fig.5) ha tradizionalmente il significato di rappresentare i sei sestieri di Venezia (le sei barrette rivolte in avanti), la Giudecca (la barretta rivolta all'indietro) e il cappello del Doge, l'archetto sopra il dente più alto del pettine rappresenta il Ponte di Rialto, infine, la "S" che parte dal punto più alto per arrivare al punto più basso del ferro rappresenta il Canal Grande. In quello di alcune gondole di recente costruzione sono presenti anche tre rifiniture - una sorta di ricami detti foglie posti tra le sei barrette anteriori - che rappresentano le tre isole più importanti tra quelle delle laguna veneta, ovvero le isole di Murano, Burano e Torcello. Il ferro di poppa, molto più piccolo di quello di prua e con funzioni principalmente di protezione dagli urti, è detto rìsso.  Le manovre richiedono però una notevole abilità da parte del del gondoliere, che deve essere dotato di un senso dell'equilibrio molto sviluppato in quanto la posizione di voga all'estremità della poppa è assai instabile. Per evitare scontri, vi è l'usanza di avvertire alla voce quando si svolta in un rio stretto e i tipici richiami (òhe) sono divenuti un elemento caratteristico della città.

La storia

La forma della gondola si è venuta definendo progressivamente nel corso del tempo. Le rappresentazioni pittoriche risalenti al XV-XVI secolo mostrano un'imbarcazione notevolmente differente da quella attuale. Nel quadro Miracolo della Croce caduta nel canale di San Lorenzo di Gentile Bellini, databile al 1500, le gondole appaiono più corte, più larghe e meno slanciate di quelle attuali e soprattutto prive di asimmetrie. La coperta di prua e quella di poppa, dove si posiziona il gondoliere, sono piatte e molto basse rispetto al pelo dell'acqua. I ferri, sia a prua che a poppa, sono costituiti da due brevi e sottili astine metalliche. La forcola del rematore appare piatta ed essenziale, priva di gomiti. Fu solo tra il 1600 e il 1700 che la fisionomia della gondola, utilizzata sempre più per il trasporto privato di rappresentanza, si avvicinò a quella attuale. In questo arco di tempo, la lunghezza dello scafo aumenta e anche i ferri, soprattutto quello di prua, assumono dimensioni sempre maggiori, più grandi rispetto a quelli attuali, con un carattere ornamentale sempre più spinto. La poppa si stringe e inizia ad alzarsi rispetto al pelo dell'acqua. Le coperte di poppa e di prua perdono la forma piatta per diventare spioventi e a poppa viene aggiunta una piccola pedana di appoggio per garantire l'equilibrio del gondoliere. Anche la forcola assume la sua caratteristica forma a gomito. Lo scafo tuttavia mantiene ancora una sostanziale simmetria. Nel corso dell'Ottocento, la poppa e, in misura minore, la prua si alzano ancora rispetto al pelo dell'acqua, per migliorare la manovrabilità dello scafo, la cui lunghezza si assesta definitivamente attorno agli 11 metri. Si introduce anche una prima leggerissima asimmetria, che viene accentuata in modo deciso solo all'inizio del Novecento, sempre per esigenze di manovrabilità, così come sia la prua che la poppa vengono alzate ulteriormente. Lo scafo si snellisce leggermente e cambiano anche le dimensioni del ferro di prua, che vengono ridotte per ottenere il bilanciamento ottimale rispetto alle mutate proporzioni. Attualmente le gondole sono imbarcazioni aperte ma, sino ai primi anni del Novecento, erano dotate di una cabina smontabile detta fèlze. Quando Venezia era una città con un numero di abitanti molto più elevato dell'attuale e non erano stati realizzati i cospicui interramenti dei rii (avvenuti in epoca ottocentesca) la gondola costituiva il mezzo di trasporto per eccellenza. Le permanenze a bordo potevano quindi essere piuttosto lunghe e, con il clima invernale veneziano, la copertura del fèlze consentiva una certo confort e intimità. Il tradizionale colore nero dell'imbarcazione è dovuto all'origine per l'uso consueto della pece come impermeabilizzante dello scafo (come tutte le imbarcazioni veneziane e lagunari) e in seguito esteso a tutta la barca come conseguenza dei decreti suntuari del Senato veneziano - a partire dal 1609 - volti a limitare l'eccessivo sfarzo nella decorazione delle gondole, anticamente coperte di stoffe preziose e dorature; del resto il nero è sempre stato considerato un colore elegante, e quindi adatto ad un mezzo di trasporto signorile (come le carrozze ottocentesche) mentre all'epoca il colore del lutto era il pavonazzo, un azzurro cupo e molto scuro. Le famiglie nobili possedevano una o più gondole de casàda con cui si facevano trasportare per affari o diporto. I cosiddetti freschi, occasioni di incontro e mondanità, erano vere e proprie passeggiate in barca che si svolgevano per la città. Questa abitudine dette origine anche ad un genere musicale, la cosiddetta canzone da batèlo, che ebbe il suo massimo fulgore nel Settecento ma che ancora oggi è molto praticata a scopi turistici. La corporazione dei gondolieri è stata sempre governata da uno statuto, detto Mariègola, in cui si stabilivano i doveri degli appartenenti. Dagli atti della corporazione è possibile desumere una serie di interessanti notizie, sia tecniche che economiche. Ad esempio è documentato che alla metà del Settecento le gondole a Venezia fossero all'incirca millecinquecento.

Nello sport e nel turismo:

Questa imbarcazione è attualmente usata soprattutto a scopi turistici(Fig.6), ma anche per cerimonie come matrimoni e funerali, nonché come traghetto per trasportare le persone da una riva all'altra del Canal Grande. Per quest'ultimo compito vengono utilizzati i cosiddetti gondolòni o barchette, particolarmente capienti e mossi da due rematori, uno a poppa e l'altro a prua. L'usanza è assai antica (i primi documenti che regolamentano il funzionamento dei traghetti risalgono alla metà del Trecento) e i luoghi di transito come la Ca' Rezzonico o la Ca' d'Oro sono segnalati dal nome delle calli (Calle del traghetto). Un altro uso della gondola è quello sportivo, in regate dedicate alle imbarcazioni della tradizione veneziana, come la celebre Regata Storica. In queste gare si usano anche gondole di formato ridotto a due rematori dette gondolini.(fonte web di pubblico dominio)








 

lunedì 11 gennaio 2021

PIROSCAFO PRINCIPESSA GIOVANNA



PIROSCAFO :  " PRINCIPESSA GIOVANNA"




Il piroscafo Principessa Giovanna fu costruito nel 1923 per conto del Lloyd Sabaudo. Nel 1932, confluendo il Lloyd Sabaudo nella nuova Società Italia di Navigazione, il piroscafo passò a quest'ultima Società. Nel novembre 1940 venne requisito dal Governo Italiano e fu adibito al trasporto di materiale strategico. Nel 1943 fu convertito in nave ospedale. Fece tredici viaggi curando e trasportando in patria dai vari campi migliaia di soldati feriti. Gli attacchi alle nostre unità ospedaliere furono numerosissimi, ricordiamo quello di cui fu vittima la "Principessa Giovanna", che al largo della costa tunisina aveva appena salvato 71 naufraghi del piroscafo "Campobasso" e del cacciatorpediniere "Perseo", affondati dagli inglesi. I quali, però, secondo la legge della solidarietà fra la gente del mare, avevano segnalato per radio la zona precisa dove recuperare i superstiti. Mentre la nave ospedale era intenta in questa operazione, veniva attaccata a 4 miglia dalla costa tunisina da aerei inglesi. In poche righe di un radiomessaggio il dramma: "Nave Ospedale Principessa Giovanna con 800 feriti a bordo uscita golfo Tunisi prossimità isola Zembra attaccata da aerei nemici bombardata e mitragliata ripetutamente. Danni e feriti a bordo. Proseguiamo navigazione propri mezzi". Firmato dal comandante Cesare Gotelli. Maggio 1943. Ma non era finita tre ore e venti minuti dopo, alle 18, altro attacco a bassa quota di aerei inglesi che si accanivano contro la "nave bianca" carica di feriti, con sventagliate di mitragliatrice e bombe che dopo aver sfondato diversi ponti esplosero nel cuore della "principessa Giovanna" provocando danni gravissimi e un esteso incendio. 51 morti, 52 feriti, spente tutte le luci, distrutti molti locali, compresi il gabinetto batteriologico e la farmacia. Malconcia e inclinata a sinistra, la nave riuscì tuttavia a riprendere la navigazione e a raggiungere Trapani. Successivamente riuscì a raggiungere Napoli con i propri mezzi. Rimesso in navigazione,  e sottoposta a notevoli lavori di riparazione. poté raggiungere Trieste dove venne messo in cantiere ai lavori. Rimesso in mare, dopo l'8 settembre 1943 si consegnò alla Marina Britannica nel porto di Malta. Sequestrato nel 1944 dall'Inghilterra, nel 1946 fu restituito alla Società Italia di Navigazione. Rimesso in cantiere ai lavori, nel 1947 fu riarmato dalla Società Italia e varato con il nome di San Giorgio. Dopo altri sei anni di navigazione, nel 1953 fu radiato ed avviato alla demolizione.

fonte web di pubblico dominio.

 













mercoledì 23 dicembre 2020

LA PROPULSIONE NAVALE CON L'EFFETTO MAGNUS

 

Oggi,a fronte dei sempre più cari combustibili fossili,si ripercorrono strade alternative,la Enercon leader nel settore della produzione di turbine,nel 2008 ha varato la“E-Ship”che sfrutta l’effetto Magnus.La nave dispone di controlli automatici che la direzionano nella maniera ottimale rispetto alla provenienza del vento e ovviamente rispetto alla destinazione. Lo scafo della nave, studiato con la collaborazione delle facoltà di ingegneria navale di Amburgo e Kiel, contribuisce alla riduzione dei consumi, che possono attestarsi sino al 40% rispetto a quelli di una nave con propulsione tradizionale. In presenza di un vento forza 7 è possibile spegnere i motori diesel-elettrici che imprimono la rotazione ai cilindri e sfruttare la spinta “naturale” dei rotori, che permettono di raggiungere una velocità non distante da quella massima. Il principio è sempre lo stesso: l’aria che turbina intorno ad un oggetto in rotazione che presenta al flusso la propria sezione circolare lo spinge da un lato, quello dove registra la minore resistenza a causa della rotazione. Le colonne cilindriche fungono quindi da vele, e in aggiunta usano il vento in maniera molto più efficiente, permettendo la navigazione con un angolo di incidenza rispetto al vento sino a 20 gradi(stringono il vento), contro i 45 gradi minimi di un’imbarcazione a vela. Una notevole, seppur non commerciale, applicazione dell’effetto Magnus è stata quella della nave “Alcyone”, realizzata dall’oceanografo francese Jacques Cousteau nel 1985. La Cousteau Society è attualmente alla ricerca di fondi per la costruzione della “Calypso II”, nave oceanografica e scientifica che nelle intenzioni dovrebbe essere dotata di un’enorme turbosail  in grado di sospingerla per gli oceani. Negli anni ’20 del xx secolo un ingegnere tedesco, Anton Flettner, originario dell’ Assia , modificò la “Buckau”, una grossa barca a vela, sostituendo i suoi tre alberi con due cilindri rotanti alti circa 16 metri: si tratta della prima applicazione conosciuta dell’effetto Magnus ai fini della navigazione marittima. La nave, che disponeva anche di un motore Diesel per la propulsione in assenza assoluta di vento, era addirittura in grado di muoversi contro vento, proprio per la capacità dei cilindri di sfruttare l’effetto Magnus. Nel 1926 la nave compì un viaggio nell’Atlantico, dimostrando l’efficacia di questa soluzione; tuttavia, il progetto non fu ritenuto molto efficiente, almeno rispetto alla propulsione convenzionale, e venne abbandonato per un lungo periodo, tuttavia l’idea rimase latente fino agli anni ’80, quando fu pensata come un ausilio al propulsore principale per ridurre i costi del carburante via via crescente.

L'EFFETTO MAGNUS, è la forza deviante che si viene a generare su una sfera o un cilindro in movimento che oltre a traslare ruotino. In termini "scientifici" la forza perpendicolare alla traiettoria che si genere su uno solido assoggettato ad una corrente roto-traslatoria. In termini più terra terra è la giustificazione dei "tiri ad effetto" che si possono attuare in sport come il calcio, la pallavolo o il tennis. Da una parte la corrente verrà "aiutata" dal movimento di rotazione, mentre dall'altro la rotazione la contrasta. Questo comporta una maggiore velocità della corrente sul lato dove la rotazione le è favorevole, esattamente come per un profilo alare. Il risultato è una "portanza", cioè una forza che devia la sfera dalla sua traiettoria. L'applicazione più nota di questo effetto si ha nei giochi con la palla, dove colpendo la palla "di taglio" (ovvero non nel "centro"), si provoca una rotazione che fa assumere al pallone una traiettoria deviata rispetto a quella naturale (il tiro ad effetto).   

Se il moto è puramente di traslazione rettilinea le linee di corrente saranno ugualmente spaziate tra loro intorno al corpo(fig.1)Se il corpo ha un moto di traslazione rettilinea è come se venisse investito da una corrente di fluido che si muove in direzione opposta a quella del corpo (nel nostro caso quindi verso destra). Nel momento in cui il corpo è dotato di moto sia rotatorio che traslatorio(fig.2), la velocità del fluido aumenta superiormente o inferiormente al corpo a seconda del verso di rotazione del corpo, proprio per il trascinamento del fluido attorno al corpo stesso (le velocità degli strati di fluido in rotazione amplificano il moto della corrente dovuto alla traslazione in verso concorde a quest'ultima e diminuiscono la velocità nella zona in cui i versi sono invece discordi. La forza prodotta è una portanza, del tutto simile a quella generata dall'ala di un aereo, causata dalla differenza di pressione del fluido sulla superficie dell'oggetto. Nell'esempio in fig. 2, la maggiore velocità del fluido nella zona superiore dell'oggetto provoca un abbassamento della pressione, con conseguente spinta verso l'alto a causa della pressione più elevata esercitata sulla zona sottostante l'oggetto (dove la velocità del fluido è minore).

Notice fonte web di pubblico dominio

              







  



 

martedì 8 dicembre 2020

 

LA CLASSE FOSCOLO



                       

La classe Foscolo fu una serie di undici navi  (Foscolo-D’Annunzio-Monti-Oriani poi Cagliari-Manzoni-Tommasei-Alfieri-Pascoli-Leopardi-Giosuè Borsi-Vittorio Locchi) da carico costruite per la Tirrenia di Navigazione tra il 1939 ed il 1947. Destinate alle rotte merci per il Nord Europa, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale ne mutò irrimediabilmente il destino: sette unità furono affondate durante la guerra, due divennero prede belliche per Francia e Jugoslavia e solo due furono impiegate, nel dopoguerra, per lo scopo per il quale erano state costruite.

                                CLASSE FOSCOLO DESCRIZIONE GENERALE


                                                          
            




 

Foscolo

La prima nave della serie ad essere impostata fu la Foscolo, la cui costruzione fu iniziata sugli scali dei cantieri navali del Quarnaro il 10 agosto 1939. Fu varata il 19 novembre 1941 con madrina la vedova di Bruno CaleariMedaglia d'oro al valor militare. Consegnata alla Tirrenia il 14 luglio 1942, fu requisita dal Ministero della Marina e impiegata nei collegamenti con Tripoli e Bengasi. Il 21 novembre 1942 fu danneggiata una prima volta, con due dispersi. Alle 21:58 del 13 dicembre fu attaccata da uno squadrone di aerosiluranti Fairey Albacore della Fleet Air Arm, mentre si trovava al largo di Marsala in navigazione tra Napoli e Tripoli con a bordo un carico di carburanti. La Foscolo affondò in pochi minuti, causando la morte di 13 marittimi.

D'Annunzio

La D'Annunzio fu impostata, sempre ai cantieri navali del Quarnaro, il 31 luglio del 1940 e fu varata il 18 dicembre 1941. Consegnata alla Tirrenia il 25 settembre 1942, fu anch'essa requisita e destinata ai collegamenti con il Nord Africa. Il 21 novembre dello stesso anno fu danneggiata durante un bombardamento a Tripoli; le stive di prua si allagarono e la nave si adagiò sul fondale. La D'Annunzio fu rimessa in galleggiamento e riparata, facendo ritorno in Italia il 3 dicembre e riprendendo il servizio. Nella notte tra 15 e 16 gennaio 1943, in navigazione da Tripoli alla Sicilia scortata dalla torpediniera Perseo, la nave fu attaccata e affondata da un gruppo di unità militari britanniche, tra le quali la HMS Javelin e la HMS Paladin.

Monti

La Monti fu la prima delle unità costruite presso il cantiere navale del Muggiano, dove fu impostata il 21 febbraio 1940 e varata il 21 dicembre 1941. Fu consegnata alla Tirrenia il 14 agosto 1942 e immediatamente requisita dalla Regia Marina. Il 2 settembre, mentre era in navigazione tra Messina e Crotone, fu attaccata da degli aerosiluranti, subendo gravi danni ma non affondando; fu quindi presa a rimorchio e rimandata al cantiere del Muggiano, dove fu riparata e rimessa in servizio. Il 22 marzo 1943, mentre era in navigazione tra Napoli e Biserta, subì un altro attacco aereo e affondò, causando la morte di 22 membri dell'equipaggio.

Oriani (poi Cagliari)

La Oriani fu una delle poche unità della classe a sopravvivere alla guerra. Impostata il 21 febbraio 1940 e varata il 4 giugno 1942, fu consegnata alla Tirrenia il 1 dicembre e, come le altre unità della classe, requisita dalla Regia Marina. Durante la guerra fu silurata in due occasioni, il 1 marzo 1943 e il 21 luglio dello stesso anno. Portata al cantiere navale di La Spezia per le riparazioni, dopo l'8 settembre fu sequestrata dai tedeschi; non ancora in grado di navigare, fu affondata il 21 gennaio 1944 per ostruire il porto. Considerata un relitto alla fine delle ostilità, fu riacquistata dalla Tirrenia, che ne commissionò il recupero. L'operazione fu completata il 20 giugno 1946 e la nave fu inviata ai cantieri navali di La Spezia, dove le riparazioni furono concluse nell'ottobre 1947. Rinominata Cagliari, la nave fu noleggiata al Lloyd Triestino, che la destinò ad espletare le linee per le Indie: la nave partì il 19 novembre per il primo viaggio, facendo scalo a Napoli, AlessandriaMassauaAden e Bombay.

Nel maggio dell'anno seguente la Cagliari fu inviata ai cantieri della Navalmeccanica, Bacini e Scali Napoletani per convertirla in nave mista merci-passeggeri: furono aggiunte sistemazioni per 227 passeggeri, in parte ricavate nelle stive. La nave fu riconsegnata alla Tirrenia il 27 agosto 1948, venendo destinata prima alla linea Civitavecchia - Olbia e poi alla Napoli - Palermo, in coppia con la gemella Giosuè Borsi. Nel 1953, con l'entrata in servizio delle unità della classe Regione, la Cagliari fu inviata ai Bacini e Scali Napoletani, per essere riconvertita in nave merci. I lavori durarono dal 28 maggio al 26 luglio 1953; in seguito la nave fu riconsegnata alla Tirrenia e destinata alle linee per il Nord Europa, come originariamente previsto 15 anni prima. In particolare, fu impiegata sulla Linea 36, che prevedeva scali a Venezia, Bari, Catania, Messina, Palermo, Napoli, Londra, Amburgo, Rotterdam, Anversa e, al ritorno, Savona (o Genova), Napoli, Messina, Catania, Bari e Trieste. Nel maggio 1975 la nave fu noleggiata alla Adriatica di Navigazione, con la quale la Tirrenia aveva concluso un accordo di cessione delle linee verso il Nord Europa, che furono integrate con i servizi per il Medio Oriente. La Cagliari rimase in servizio per Adriatica insieme alla gemella Giosuè Borsi e alla Vallisarco fino al 23 agosto 1976, quando fu sostituita da traghetti ro-ro merci e posta in disarmo a Napoli. Acquistata da armatori ciprioti nel febbraio 1977, fu rinominata Lucky e rimase in servizio fino al 1979, quando fu venduta per la demolizione, effettuata a Vado Ligure ad agosto.

 

Manzoni

La Manzoni fu impostata ai cantieri navali del Quarnaro il 10 agosto 1939 e varata il 18 giugno del 1942. Dopo le prove in mare fu consegnata alla Tirrenia il 15 dicembre 1942, venendo requisita dal Ministero della Marina. Il 22 marzo 1943, mentre era in navigazione tra Biserta e Napoli, fu attaccata e affondata da dei bombardieri Vickers Wellington del 221º Squadrone della RAF.

 

Tommaseo

La Tommaseo fu impostata presso i cantieri navali del Quarnaro il 3 giugno 1940 e varata il 24 ottobre 1942. Fu consegnata alla Tirrenia il 15 febbraio 1943 e immediatamente requisita. Sopravvissuta senza danni a un bombardamento subito a Tunisi nell'aprile 1943, un mese dopo fu danneggiata durante un bombardamento del porto di Catania. Il 16 maggio la nave partì per Napoli, dove si intendeva ripararla, ma poco dopo la partenza fu colpita da un siluro, che causò l'allagamento di diversi compartimenti, compreso il locale apparato motore. La nave fu rimorchiata a Catania, dove, viste le condizioni gravemente compromesse e l'esposizione ai bombardamenti, fu via via abbandonata dall'equipaggio. La Tommaseo fu autoaffondata nel porto di Catania il 26 luglio 1943.

Alfieri

La Alfieri fu varata presso i cantieri del Quarnaro il 20 febbraio 1943. Consegnata alla Tirrenia il 28 maggio 1943, fu inizialmente impiegata per collegamenti tra porti nell'Adriatico. Il 22 luglio, mentre si trovava a Milazzo proveniente da Napoli, subì un primo attacco aereo, dalla quale uscì senza danni. Per evitare ulteriori attacchi alla città la nave fu trasferita a Messina, da dove partì, con un convoglio diretto a Napoli, il 29 luglio. Mentre era in navigazione, il convoglio subì un attacco aereo, durante il quale la Alfieri fu danneggiata gravemente, ma non affondò. Il giorno seguente la nave fu presa a rimorchio da due rimorchiatori provenienti da Napoli, ma fu nuovamente attaccata e affondata.

Pascoli

La Pascoli fu costruita al cantiere navale del Muggiano, dove fu impostata il 25 ottobre 1941 e varata il 22 agosto 1943. Il 5 aprile 1944, ancora incompleta, fu presa d'autorità dai tedeschi, che la assegnarono alla Mittelmeer Reederei. Il 24 luglio la nave partì per Marsiglia, dove fu autoaffondata il mese successivo. Considerata preda bellica dalla Francia, fu recuperata, riparata e rimessa in servizio per la Compagnie de Navigation Mixte, con il nome di Djebel Nador. In seguito passò di mano diverse volte; nel 1968, mentre era in viaggio tra Spalato e Gibuti, la nave si incagliò sulle coste del Mozambico.

 

Leopardi

La Leopardi fu impostata ai cantieri del Quarnaro il 27 novembre 1941, venendo poi varata il 22 maggio 1943. Dopo la firma dell'armistizio l'8 settembre 1943, la Tirrenia tentò di fare in modo che la nave, ancora incompleta, raggiungesse il porto di Bari, sotto controllo alleato. La sera del 10 settembre la Leopardi partì dal cantiere, con a bordo anche 200 militari della Regia Marina, 20 operai e un migliaio circa di civili e militari italiani sbandati; la nave fu però intercettata da due unità militari tedesche e riportata a Venezia. A fine settembre la nave partì per il Pireo, dove giunse il 19 ottobre; l'equipaggio della Tirrenia fu sbarcato e la nave passò direttamente sotto gestione tedesca, venendo impiegata nell'Egeo con il nome di Leda. Il 2 febbraio 1944 la nave fu affondata.

Giosuè Borsi

La Giosuè Borsi fu impostata sugli scali del cantiere navale del Muggiano il 29 dicembre 1941. La costruzione procedette a rilento, sia per la difficoltà nell'approvvigionamento dei materiali dovuta alla guerra in corso, sia perché la nave fu utilizzata come fonte di ricambi per la gemella Oriani, gravemente danneggiata. Al momento dell'armistizio dell'8 settembre, la nave si trovava ancora sullo scalo, completa per il 50%, e i lavori di costruzione furono sospesi. Pur danneggiata dai bombardamenti e dal prelievo di materiali e macchinari da parte dei tedeschi, la Giosuè Borsi sopravvisse alla guerra: i lavori di costruzione furono ripresi nel giugno 1945 e la nave fu varata il 28 aprile 1946. Consegnata alla Tirrenia l'11 gennaio 1947, fu noleggiata alla Adriatica di Navigazione, che la mise in servizio sulla linea Genova - Alessandria d'Egitto.Scaduto il noleggio, nel settembre 1948 la Giosuè Borsi fu inviata ai Bacini di Napoli per aggiungere delle sistemazioni passeggeri, in modo simile a quanto fatto per la gemella Oriani. Riconsegnata alla Tirrenia il 27 dicembre 1948, fu destinata alla Napoli - Palermo, affiancandosi alla Città di Tunisi fino al 1953. Nel maggio di quell'anno, in virtù del fatto che i servizi passeggeri erano ormai coperti dalle nuove unità della classe Regione, la nave fu riconvertita in nave da carico e dal primo giugno andò a riattivare, insieme alla gemella Cagliari (ex Oriani), la Linea 36 tra Adriatico e Nord Europa, per la quale era stata concepita 15 anni prima. Nel gennaio 1976, in seguito all'assegnazione della linea all'Adriatica, fu noleggiata a quest'ultima compagnia. Il noleggio durò fino all'8 luglio 1976, quando la Giosuè Borsi fu sostituita da un'unità ro-ro merci e fu posta in disarmo a Napoli. Nel febbraio 1977 venduta ad un armatore cipriota. Rinominata Dawn, nell'agosto 1979 fu demolita a Vado Ligure.

 

Vittorio Locchi

La Vittorio Locchi fu impostata il 1 luglio 1942 presso i cantieri navali del Quarnaro, dove fu poi varata il 7 maggio 1944 Sequestrata dai tedeschi e rinominata Kuckuck, non entrò mai in servizio, venendo affondata presso il cantiere il 24 febbraio 1945. Recuperata e dichiarata preda bellica dalla Jugoslavia, fu completata il 12 novembre 1951 e affidata, con il nome di Ucka, alla Jugolinija. Fu demolita nel 1978 a Spalato.

 

Fonte web di pubblico dominio

 

venerdì 4 dicembre 2020

DA OGGI INIZIEREMO  UNA RUBRICA   DEDICATA ALLE NAVI MERCANTILI ITALIANE PRIMA E DOPO LO SCOPPIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE RACCONTANDOVI IN BREVE LA LORO STORIA

PIROSCAFO MONBALDO











E' la storia di una nave mercantile italiana sorpresa dallo scoppio della seconda guerra mondiale fuori dal Mediterraneo,in Brasile: il 10 giugno 1940 oltre duecento navi mercantili italiane furono costrette per non cadere nelle mani del nemico, alcune ad autoaffondarsi, altre a rifugiarsi in porti neutrali. Alcune di queste seguendo precisi ordini di operazione lasciarono i porti neutrali per intraprendere le lunghe e rischiose navigazioni oceaniche che avevano quale meta i porti atlantici della Francia occupata dai tedeschi. Queste navi furono denominate" violatori di blocco".Nei porti del Brasile, dell'Argentina e dell'Uruguay erano concentrate ben 36 navi italiane allo scoppio della guerra e Supermarina, in accordo con il Ministero degli esteri, aveva mobilitato gliAddetti Navali presso i Governi di Rio de Janeiro, Buenos Aires e Montevideo perstudiare la possibilità di recuperare una parte del naviglio mercantile.Il MONBALDO si trovava nel porto di Belen sul fiume Parà nel nord del Brasile: era un piroscafo da carico della Società di Navigazione Italia, di 6.213 t.s.l. e 10 nodi di velocità con una autonomia massima di 3.900 miglia.Completato il carico di 8000 tonnellate di materie prime e merci varie, partì nelle prime ore del 28 giugno 1941 dalla località Pinheiro a 20 km da Belem ed alle ore 16.00 il piroscafo italiano aveva già guadagnato il mare aperto. La nave venne camuffata in modo da poter essere scambiata per il piroscafo inglese "Castelmoor" pitturando anche lo scafo con il colore grigio dei mercantili inglesi. Al comando del capitano di l.c. Virgilio Bertello,la nostra nave navigò praticamente indisturbata, nonostante numerosi avvistamenti di navi mercantili all'orizzonte, ed al mattino del 20 luglio 1941 venne avvistato Capo Finisterre. Da questo punto la navigazione si svolse a breve distanza dalla costa spagnola, il 23 luglio raggiunse S. Jean de Luz, dove venne raggiunta dagli U- Boote tedeschi per la scorta fino alla Gironda. Il Monbaldo proseguì la navigazione alla volta di Bordeaux che venne felicemente raggiunta alle ore 22 del giorno 24 luglio 1941.Alcuni giorni dopo, terminata la discarica, la nave passò ai tedeschi e gran parte dell'equipaggio italiano venne rimpatriato. Successivamente, con ancora a bordo il capitano Virgilio Bertello, la nave forzò il blocco di Dover, ma rimase colpita dalle schegge dei proiettili dei cannoni di grosso calibro inglesi, riportando danni minori sopra al galleggiamento, e con due feriti fra l'equipaggio, raggiunse il Baltico. L'8 settembre 1943 il Monbaldo si trovava nelle acque di Stettino: la nostra nave continuò a navigare fino al 24 marzo 1945, quando, sempre a Stettino, venne affondata da bombe di aereo-Nello stesso 1945 il relitto del piroscafo venne recuperato dalla ditta «ACC CBF» e rimorchiato a Wismar, dove, il 16 settembre 1950, iniziarono i lavori di ricostruzione. Causa le dimensioni, nel 1952 il mercantile dovette essere trasferito nei Paesi Bassi, ove vennero completati i lavori; nel giugno 1955 la nave, ribattezzata Kaliningrad, entrò in servizio per il governo sovietico. Ribattezzato Banga (БАНГА) il 9 maggio 1960, il piroscafo continuò a navigare sino all'autunno 1969, quando venne demolito ad Amburgo.

notizie estrapolate dal web quindi di pubblico dominio