LA CURVA DI
EVOLUZIONE
Serve a determinare il comportamento della nave sotto
l’azione costante del timone. Si effettua mantenendo il timone inclinato di un
certo angolo . La manovra ha lo scopo di determinare i tempi
e gli spazi necessari alla nave per compiere un’accostata durante il suo
regolare esercizio. La manovra si
effettua portando la nave su di una rotta stabilizzata a velocità costante (
moto rettilineo uniforme ) ad un certo punto si inclina il timone di un angolo
prefissato e, con opportuni strumenti,
si rileva il moto della nave successivamente all’inclinazione del timone.
I dati così ottenuti
vengono rappresentati in un grafico – simile a quello mostrato in figura – da cui si estrapolano indici geometrici e di
tempo. Gli indicatori geometrici
sono:
- A detto avanzo per 90° - T
detto trasferimento per 90° - D
detto diametro di girazione - DT
detto diametro tattico
La nave esegue la manovra di evoluzione in tre fasi:
PRIMA FASE o fase di MANOVRA
Dura il tempo necessario a portare il timone alla banda
dell’angolo prefissato. Durante
questa fase, a causa della sua
grande inerzia, la nave non riesce ad accostare, pertanto si ha una leggera
deriva dalla parte opposta del timone mentre la nave, a causa delle diverse
forze che agiscono sulla carena, si inclina dallo stesso lato in cui è
inclinato il timone effettuando il cosiddetto inchino di saluto.
SECONDA FASE o fase di EVOLUZIONE
Inizia quando il
momento evolutivo vince l’inerzia della nave e questa comincia ad accostare
seguendo una traiettoria il cui raggio di curvatura diminuisce gradualmente con
l’aumento della velocità angolare. Da notare che in questa fase la nave avanza
accostando e mantenendo la prua all’interno della traiettoria descritta dal
centro di gravità G ; ciò accade perché l’asimmetrica distribuzione delle masse
del volume della carena provocano la rotazione intorno ad un punto C – posto a
proravia del baricentro G – detto appunto centro di girazione C. Usualmente il
punto di girazione C si trova a circa un quarto della lunghezza della nave da
prua. Durante la seconda fase la nave sbanda decisamente dal lato opposto a
quello in cui è inclinato il timone di un angolo che va dai 6° ai 9°;
contemporaneamente si rileva una diminuzione della velocità della nave pari a
circa il 10-15 % del valore iniziale.
TERZA FASE o di
GIRAZIONE
In questa fase la nave si muove di moto circolare descrivendo
la circonferenza il cui diametro coincide con il diametro di girazione D la cui
lunghezza è mediamente pari a 3 - 5 volte la lunghezza dello scafo. La velocità lineare in questo caso risulta
mediamente diminuita del 30- 40 %.
La manovra di
Dieudonne’
Questa manovra è utile per
determinare il rango di instabilità al timone della nave ed offre il vantaggio
di non richiedere il tracciamento del suo percorso. La manovra di Dieudonné viene eseguita
contestualmente alla curva di evoluzione.
Mentre la nave procede su di una rotta rettilinea stabilizzata si mette
il timone alla banda di 35° a dritta. Quando la nave avrà raggiunto la
condizione di moto circolare uniforme si
misura la sua velocità angolare , successivamente si diminuisce l’angolo di
barra di 5° alla volta avendo cura di misurare la nuova velocità angolare ogni qualvolta il moto della nave risulta stabilizzato. Questa operazione va continuata fino a
quando l’angolo di barra raggiunge il valore
di 35° a sinistra. A questo punto
l’operazione si ripete fino a riportare il timone ad un angolo di barra = 35° a
dritta. I dati ottenuti durante la
prova vengono quindi raccolti in forma grafica. Nelle figure è riportato un
esempio di nave stabile al timone ( figura sopra) – ovvero di una nave che
reagisce alla variazione dell’angolo di barra
e che quindi con angolo di timone nullo ( = 0° ) avrà anche velocità angolare nulla ( =
0 ) – e di una nave instabile al timone
( figura in basso) –
ovvero una nave che non reagisce
prontamente alle variazioni dell’angolo di barra . Il
rango di instabilità è rappresentato dall’area racchiusa nel parallelogramma e
mostra come la nave possa avere un comportamento diverso alla variazione
dell’angolo di barra asseconda del senso
di rotazione che possiede al momento in cui la variazione si registra.
In particolare per
una nave instabile al timone si avrà che la velocità angolare non risulterà
nulla anche con il timone in mezzo ma, piuttosto, il suo comportamento sarà
influenzato dalle manovre precedentemente eseguite.
La manovra pull-out.
La manovra è usata per
determinare la stabilità direzionale di una nave. Il timone è inclinato di un
angolo predeterminato e, quando la nave si trova in condizioni di moto
circolare stabilizzato, si riporta il timone in mezzo e si rileva la variazione
della velocità angolare. Se la nave ha
stabilità direzionale la sua velocità angolare si riduce a zero e la nave
acquista in breve tempo un moto rettilineo. Se invece la nave è instabile
rimane un minimo di velocità angolare che continuerà a far accostare la nave
per un certo intervallo di tempo dopo aver riportato il timone in mezzo.
La manovra pull-out
può essere opportunamente rappresentata graficamente al termine di ciascuna
prova effettuata per i diversi angoli di timone. I grafici solitamente evidenziano
per una nave stabile una diminuzione progressiva della velocità angolare (
transitorio ) prima che il moto ridiventi rettilineo. Questa situazione è rappresentata in figura
dalla curva a tratto pieno. Nel caso di una nave che non possiede stabilità
direzionale si osserva un allungamento dei tempi per la diminuzione della
velocità angolare e un lento ritorno al moto rettilineo. Tale situazione è rappresentata nel grafico
dalla curva tratteggiata.
La manovra a Z o a zig – zag .
La manovra a zeta ha
lo scopo di valutare il comportamento della nave quando il timone interviene a
correggere una manovra già in atto. Si
esegue facendo acquistare alla nave un moto stabilizzato su di una rotta
rettilinea e inclinando quindi il timone a sinistra di 20°. Si mantiene questo
angolo di barra fino a quando la nave avrà accostato a sinistra di 20°, quindi si porta il timone a 20° a dritta
e si mantiene in questa posizione fino a quando la nave avrà accostato di 20° a
dritta rispetto al valore della rotta iniziale.
A questo punto si riporta nuovamente il timone a 20° a sinistra e si
ripete il ciclo facendo successivamente accostare la nave nuovamente a dritta
come prima descritto.
Dopo l’esecuzione della manovra si costruisce un diagramma
come quello mostrato in figura nel quale sono mostrati:
- la variazione dell’angolo di timone al variare del tempo; - la variabilità delle
accostate con il tempo ; - gli spostamenti laterali Y.
Sull’asse dei tempi il
tratto OA rappresenta il tempo necessario a portare il timone 20° a sinistra.
Il tratto OB rappresenta invece il tempo necessario alla nave per accostare di
20° a sinistra. Si noti come nell’istante C in cui il timone è in mezzo ( = 0°
) la nave per inerzia continua ad accostare a sinistra. Dal grafico può inoltre
estrapolarsi una serie di
informazioni:
- il tempo necessario per accostare di 20° può rappresentare
un indice della rapidità di risposta al timone; - il tempo necessario ad
eseguire l’intera manovra; - lo spostamento laterale massimo Ymax ; - l’angolo
ed il tempo di overshoot, ovvero una misurazione di quanto la nave non risponda
al timone quando si corregge una manovra già impostata.
Tali parametri
indicano sufficientemente l’abilità evolutiva della nave e la rapidità di una
contromanovra, essi sono particolarmente importanti per la progettazione della
nave. La necessità di conoscere i
parametri dell’overshoot è lo scopo principale per il quale si esegue la
manovra a zeta. Solitamente per velocità della nave comprese tra 8 e i 16 nodi
si osservano angoli di overshoot di 5°,5 - 8°,5. I tempi sono direttamente
dipendenti dalla velocità della nave all’inizio della manovra.
Le manovre di emergenza.
Le manovre di
emergenza sono dettate dall’esigenza di evitare e/o fronteggiare una situazione
di pericolo. Come i risultati delle manovre standard, sono contenute e
descritte nel Libretto di manovra che
viene fornito dal cantiere navale che ha costruito la nave. Generalmente si
annoverano due tipi di manovra d’emergenza:
- fermare la nave; -
la manovra di Williamnson ( o dell’uomo in mare ). Cominciamo con il descrivere i diversi metodi
utilizzati per arrestare la nave: -
arresto forzato (crash-stop) - arresto libero - arresto IMO - arresto con
serpeggiamento.
La manovra di arresto forzato consiste nel fermare le
macchine e, nei limiti del possibile, metterle subito a marcia indietro con l’evidente scopo di realizzare
un’inversione di spinta. La prova di
arresto forzato si effettua con il timone in mezzo e fa parte delle prove in
mare cui viene sottoposta la nave dopo il varo e prima della consegna per la
sua entrata in servizio. I parametri che vanno ad influenzare il comportamento
della nave sono diversi; si parte dalla velocità che la nave ha ad inizio
manovra, dalle condizioni meteo marine ( direzione e velocità del vento, moto
ondoso, profondità del mare, condizioni di carico e di assetto della nave), dal
tipo di elica di cui la nave è dotata.L’arresto libero si ottiene fermando le
macchine e mantenendo il timone in mezzo attendendo che la nave esaurisca il
proprio moto per abbrivio. La nave percorre una traiettoria chiamata curva di
decelerazione e si arresta percorrendo uno spazio pari a circa il doppio
rispetto a quello necessario nell’arresto forzato. Nell’arresto per serpeggiamento invece si
fermano le macchine e si muove alternativamente il timone a dritta ed a
sinistra allo scopo di disperdere l’energia cinetica della nave. Questa manovra
può risultare utile quando non si ha sufficiente spazio per accostare. L’ arresto
IMO consiste nel
fermare le macchine e,
contemporaneamente, mettere il timone alla banda. L’abbrivio
sarà smorzato dalla resistenza offerta dal timone e dal moto di deriva della nave, mentre l’accostata riduce
considerevolmente l’avanzo. Si noti come al diminuire della velocità iniziale
gli spazi di arresto si dilatino leggermente a causa della diminuzione
dell’efficacia dell’azione del timone
con le basse velocità. Questa manovra è indicata nel caso si debba
evitare un pericolo improvviso e si abbia spazio sufficiente per
accostare.
La
manovra di Williamnson (uomo in mare).
La manovra di
Williamnson si effettua per recuperare un uomo caduto in mare. La manovra si
effettua facendo accostare la nave dallo stesso lato dal quale è caduto il
naufrago allo scopo di allontanare le eliche dall’uomo in mare; si porta il
timone tutto alla banda e, quando la nave ha accostato di circa 60° si scontra
il timone portandolo tutto alla banda dal lato opposto a quello iniziale. La
nave per inerzia continuerà ad accostare fino a circa 80° dalla rotta iniziale,
quindi inizierà ad evoluire portandosi su di una rotta opposta a quella
iniziale.Nella figura e’ ben descritto quanto sopra
Tuttavia, bisogna ricordare che le condizioni meteo
marine influiscono notevolmente sull’efficacia e sulla durata della manovra.
Un aspetto non secondario è che per procedere poi al recupero
del naufrago l’imbarcazione dovrà avvicinarsi di sopravvento in maniera da
procurare un riparo alla persona in acqua. Nelle figure e’ mostrato quanto ora
detto.
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