MEDICI E
MALATI SUI GRANDI VELIERI (Terza parte)
Sorgevano pero’ a questo punto altri inconvenienti,riguardanti
principalmente la sopravvivenza di quei feriti che non potevano essere
trasportati subito nell'infermeria, nonchè i sistemi di trasferimento di feriti
lungo angusti e tortuosi passaggi di una nave da guerra in ferro.Al primo
problema si tento’ di far fronte con l’istituzione di un pacchetto individuale
di di medicazione e di altri strumenti di assistenza sommaria alla portata di
tutti i combattenti,mentre per il trasporto dei feriti,al posto delle amache
individuali che sottoponevano il soggetto a pericolosi scossoni,compressioni e
ripiegamenti,fu adottata la doccia “AUFFRET”, modellata sul corpo umano che
veniva cosi’ sostenuto immobile in tutte le sue parti.
In infermeria il chirurgo era chiamato ad intervenire soltanto per
tamponare emorragie,immobilizzare arti fratturati e occludere cavità o grandi
lacerazioni,mentre la ricerca e l’asportazione di eventuali schegge dal corpo
del ferito doveva essere effettuata in un secondo tempo.La provvisorietà di
tali cure a bordo delle unita’ da guerra raccomandava quindi un immediato
ricovero dei feriti su navi ospedale appositamente attrezzate e protette da
norme internazionali.Sotto l’impulso dato alla medicina e all'igiene navale da
illustri studiosi inglesi,francesi,olandesi e italiani aumento’ nelle flotte
del secolo XIX la dotazione delle navi ospedale,per lo più ricavate da unita’
mercantili adattate.La marina britannica
ebbe navi cosi’ attrezzate in Crimea e in Cina tra il 1856 e il
1857,mentre nella campagna del 1866 culminata nella sfortunata battaglia di Lissa
la giovane marina italiana si servi’ del vapore ospedale “WASHINGTON”.Fu pero’
negli Stati Uniti che venne varata nel 1861,durante la guerra di Secessione,la
prima nave ospedale ideata fin dall'origine come tale: la “General F.K.Barnes”
di 1.400 tonnellate.
Le condizioni igienico-sanitarie sulle navi mercantili adibite a trasporto
passeggeri di massa negli ultimi anni del 1800 erano ancora più preoccupanti
di quelle esistenti sulle navi da guerra del periodo.Ai lussi sfrenati e agli
invidiabili conforti garantiti all'alta società a bordo di comodissimi
piroscafi,si contrapponevano le miserevoli condizioni riservate agli emigranti,
considerati dagli armatori più alla stregua di merce che di esseri
umani.Infatti per elevare i propri profitti le Compagnie di navigazione
miravano a trasportare il maggior numero di persone per singolo
viaggio,disinteressandosi delle condizioni di benessere e di salubrità in
rapporto allo spazio disponibile a bordo.Non mancarono alcune proposte per
migliorare su tutte le rotte marittime il trattamento dei passeggeri non
ricchissimi,come testimonio’ la presa di posizione del rappresentante americano
alla Conferenza sanitaria internazionale di Parigi del 1894;ma l’enorme
sviluppo dell’emigrazione di fine secolo era troppo allettante per convincere
gli avidi armatori del periodo a mutare la propria linea di condotta.Cosi’
ancora per lunghi anni si assistette al via vai per l’Atlantico di veri e
propri ghetti naviganti,colmi di diseredati diretti al Nuovo Mondo e sorretti
solo dalla speranza.
La generale anzianità dei bastimenti li rendeva lenti e prolungava nel
tempo i disagi dei trasportati;le pessime condizioni igieniche dovute
all'ammassamento dei passeggeri,ma anche all'insufficiente personale adibito
alla pulizia di bordo;la scarsa ventilazione dei locali sotto coperta;la
penuria di personale medico;la non osservanza di misure profilattiche come
l’isolamento di malati contagiosi;la mancanza di regolamenti sanitari comuni
che potessero vietare nei porti l’imbarco a chi riconosciuto affetto da
malattie infettive:queste erano le condizioni in cui si viaggiava.Inoltre ogni
individuo imbarcato disponeva di uno spazio di metri cubi 2,50 nel corridoio
superiore e di metri cubi 2,75 nell'inferiore,compreso lo spazio occupato dalla
mobilia e dal bagaglio!Sui piroscafi che trasportavano i pellegrini alla Mecca
veniva concessa una superficie di 84 centimetri quadrati a passeggero.
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